2013 - ARTICOLO PER LIBERAZIONE
Sulla legge Fornero
Nel 2013 la legge sulle pensioni dispiegherà i suoi effetti impoverendo i pensionati e mandando lavoratori e lavoratrici in pensione più vecchi e con un assegno pensionistico modesto. Questa legge è stata votata dal PdL e dall'UDC con entusiasmo, dal PD con qualche mugugno. E' stata accettata da Cisl e Uil e debolmente contrastata dalla Cgil.
La legge Fornero:
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ha aumentato l'età per il diritto alla pensione fin dal primo gennaio 2012. Dal primo gennaio 2013, per ottenere la pensione di vecchiaia sono necessari 66 anni e tre mesi di età per gli uomini e 62 anni e tre mesi per le donne. Per la pensione di anzianità occorrono 42 anni e 4 mesi di contributi. A regime l'età sarà di 67 anni per tutti, ma sono previsti incentivi per chi resta al lavoro fino a 70 ,anni. L'aumento dell'età per il diritto alla pensione blocca il turnover e l'assunzione di giovani, mentre è crescente la disoccupazione giovanile. Con l'aumento dell'età si obbligano esseri umani a rischiare la vita e porta a dequalificare i servizi essenziali. Pensate ad un vigile del fuoco in cima ad una scala o in mezzo ad un incendio a più di 60 anni o un muratore in cima ad un'impalcatura, oppure ancora ad un bracciant4e chino a raccogliere, nella canicola d'agosto, i pomodori; ma anche agli infermieri del pronto soccorso, le maestre d'asilo … la lista è lunga. C'è poi la questione della "civiltà" del lavoro. Il Movimento Operaio ha fatto delle otto ore di lavoro la sua bandiera. Invece si liberalizzano gli orari di lavoro, si incentiva quello straordinario e si aumenta l'età per il diritto alla pensione
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abolisce il minimo di pensione con l'estensione del sistema di calcolo contributivo. Fino ad oggi se un lavoratore o una lavoratrice maturavano l'età per la pensione con almeno 20 anni di contributi veniva garantito un minimo (495,43 mensili per l'anno 2013) anche se con i contributi versati non maturavano quell'importo di pensione. Ad essere penalizzate sono in maggioranza le lavoratrici. Non solo, per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare nel 1996 è stata introdotta una condizione aggiuntiva: per ottenere la pensione di vecchiaia i contributi versati devono maturar un importo di pensione pari almeno una volta e mezzo l'assegno sociale (8.370 euro annui) o aspettare fino a 70 anni. Attualmente ben 6 milioni di anziani vivono con assegni inferiori a 1.000 euro al mese e di questi ben 2.400.000 con assegni inferiori ai 500 euro. La rivalutazione di quest'anno per una pensione di 1.000 euro è inferiore a 30 euro al mese, per una di 500 euro è di 15 euro, certamente questi aumenti non coprono il costo della vita e un numero crescente di anziani precipita nella povertà
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blocca per due anni la rivalutazione delle pensioni al costo della vita. Nel 2012 una pensione di euro 1.486 mensili (1.217 netti) ha subito una perdita in un anno di 336 euro, nel 2013 la perdita diventerà di euro 413, per un totale di euro 749. Una pensione di 2.000 euro mensili (netti 1.576) in due anni ha subito una perdita di euro 1.020. Una diminuzione secca dell'assegno pensionistico per tutti gli anni che rimangono da vivere
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cambia il sistema di calcolo e tutti andranno in pensione con il sistema retributivo. Non solo, si sono peggiorati i coefficienti che definiscono l'importo della pensione e verranno periodicamente modificati in base alla speranza di vita: entro pochi anni i futuri pensionati riceveranno assegni inferiori al 50% dello stipendio, mentre chi ha vissuto di lavoro precario riceverà qualche spicciolo. Un esempio: prendendo a base un monte contributivo di euro 300.000 ed un'età di 65 anni nel 2013 riceverà una pensione di 20.730 euro lordi annui; nel 2012 l'importo è stato di 21.040 euro, precedentemente di 24.440 euro … ogni anno che passa la pensione diventa sempre più povera
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esodati: è un dramma per 350.000 lavoratori e lavoratrici che continuano a rischiare e a non percepire per anni le pensioni, nè le indennità.
La prima osservazione riguarda i diritti acquisiti che sono stati calpestati. Persino i contributi versati sono a rischio, infatti, con la legge Fornero sulle pensioni lo Stato preleva (saccheggia) dal sistema pensionistico circa 20 miliardi: a memoria d'uomo solo il fascismo confiscò i contributi per sostenere le spese di guerra. Per lor signori la pensione pubblica deve essere sempre più modesta e quindi i lavoratori e le lavoratrici devono diventare più responsabili, pensare al loro domani e quindi risparmiare per assicurarsi privatamente non solo per la vecchiaia, ma per la sanità e persino per i periodi di disoccupazione. Vogliono far diventare la previdenza integrativa la pensione del futuro, per foraggiare i mercati finanziari. In Italia poco più del 20% delle lavoratrici e dei lavoratori si sono iscritti, pur in presenza di incentivi contrattuali e fiscali, ai fondi di pensione e quelli che l'hanno fatto hanno constatato che il Tfr ha un rendimento superiore ed in alcuni casi hanno perso quote di quanto già versato.
La manomissione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, la delegittimazione del contratot nazionale, la legge sulle pensioni sono il tentativo dei poteri forti di ridurre nudi (senza diritti) quindi ricattabili i lavoratori e le lavoratrici. Vogliono rendere marginale ed inefficace tutto ciò che unisce i lavoratori come il contratto nazionale e la pensione.
I referendum sul lavoro e le pensioni, se avranno un risultato positivo, bloccheranno la manomissione dell'art. 18, ridaranno vigore al contratto nazionale, spazzeranno via le norme liberticide della legge Fornero, rimetteranno al centro il lavoro e ridaranno vigore alle lotte.