2007 - ARTICOLO PER LIBERAZIONE
Tfr ai fondi, con il rinvio al 2008 è fallita la riforma delle pensioni
Il rinvio al 2008 del conferimento del Tfr ai fondi pensione segna il fallimento della riforma delle pensioni imposta dal governo.
Nella storia della Repubblica nessun governo ha mai varato leggi le cui norme principali entrino in vigore dopo più di tre anni. Il rinvio è una pesante sconfitta del ministro del lavoro e del governo che rappresenta, che aveva fatto dello scippo del Tfr una questione di vita e di morte e non a torto: la previdenza integrativa era il cuore della legge.
La cosiddetta riforma si fondava sull'incentivo per due anni per quanti, maturato il diritto alla pensione, continuassero a lavorare; si fondava sull'aumento dell'età da 57 a 60 per pensionarsi d'anzianità con 35 anni di contributi; si fondava su misure per il rilancio della previdenza integrativa e cioè incentivi fiscali ed il trasferimento forzoso del Tfr nei fondi pensione.
Gli incentivi a rimanere al lavoro, l'unica norma in vigore, hanno fatto "flop": meno del 20% dei potenziali "beneficiari" vi ha fatto ricorso e sono in generale lavoratrici e lavoratori con stipendi alti, con ruoli dirigenziali, impiegati di livello, collaboratori. Una parte aveva già maturato il diritto a pensionarsi ma continuava a lavorare ed ha approfittato dell'incentivo. Il risparmio - sostiene l'Inps - sarebbe di 400/500 milioni di euro: ridicolo!
L'aumento dell'età per il pensionamento di anzianità, il cosiddetto scalone, andrà in vigore dal 1 gennaio 2008.
La normativa sulla previdenza integrativa è stata rinviata al 1 gennaio 2008 per i contrasti nel governo, gli appetiti delle banche e delle assicurazioni, i dubbi della Confindustria, ma anche per l'esplicita contrarietà dei titolari del Tfr e cioè i lavoratori e le lavoratrici.
La situazione che si è venuta a creare dovrebbe sollecitare l'Unione e le Confederazioni sindacali ad avviare una riflessione sullo stato sociale e nello specifico sul sistema pensionistico.
Ci sono alcune questioni che non sono più rinviabili. La prima è il livello delle pensioni che sono troppo basse, pesantemente erose dal costo della vita: occorrono risorse per aumentare gli importi a cominciare da quelli minimi. La seconda è rappresentata dalla necessità di dare al mondo del lavoro precario, in cui è pr4ecipitata una generazione, garanzie di un percorso contributivo che permetta a questi lavoratori e lavoratrici di poter contare su una pensione decente. La terza è la necessità di correggere il sistema di calcolo, quello "contributivo", che dimezza gli importi delle pensioni per gli assunti dopo il 31 dicembre 1995.
Al mondo del precariato ed alla gran massa di lavoratori con stipendi medio bassi che rischiano una vecchiaia senza protezione sociale non si può rispondere: assicuratevi, aderite ai fondi pensione, rinunciando a quote di salario e al Tfr!
La condizione dei lavoratori quando escono dal mercato del lavoro non può essere affidata agli andamenti dei mercati finanziari.
In questi due anni di attesa, fino all'entrata in vigore della legge, si affermi che il Tfr esce dal mercato della previdenza integrativa e si avvii un percorso per ridare vigore alla previdenza pubblica. Sul rilancio della previdenza pubblica può essere costruito un movimento che aiuti a sconfiggere questo governo e dall'altro conquisti il diritto ad una vecchiaia tranquilla e dignitosa garantita dalla pensione pubblica.