Articolo per Liberazione (senza data)

ACCORDO GOVERNO/SINDACATI/IMPRESE

Sul significato e sulle conseguenze dell’accordo governo/sindacati/imprenditori, si è accesa una forte polemica tra le forze politiche e dentro la Cgil. I lavoratori in generale vivono l’accordo come una pesante sconfitta. L’accordo, se non in modo esplicito, colpisce pesantemente i pensionati attuali ed i futuri pensionati.

E’ noto che la liquidazione dell’Istituto della scala mobile viene esteso anche alle pensioni e a novembre non verrà pagato lo scatto di contingenza. In coerenza con i contenuti dell’accordo il sindacato ha abbandonato la rivendicazione dell’aggancio delle pensioni alla dinamica salariale e ciò porterà in tempi brevi ad una erosione dei livelli di pensione. Negli anni trascorsi milioni di pensionati hanno visto diminuire la loro pensione rispetto ai salari in quanto tra la pensione e la crescita dei salari non esiste un meccanismo di adeguamento automatico, di conseguenza se la pensione era pari all’80% del salario medio degli ultimi 5 anni via via il suo valore è sceso anche sotto il 70%. Tant’è che sono stati necessari anni di lotta per risanare in parte la piaga delle cosiddette “pensioni d’annata”. Ma vi è anche qualcosa di più sottile. Di più politico. Si cerca di separare i lavoratori attivi dai pensionati, anzi di far apparire questi ultimi come una palla al piede, un onere per chi lavora e per la società. Dividere i lavoratori attivi dai pensionati significa indebolire la solidarietà. Il provvedimento governativo, la controriforma e ciò che provoca, è stato analizzato e documentato sul nostro giornale. In questi giorni sono in corso i tentativi per peggiorare ancora proposte del governo, come per la pensione di anzianità e l’età pensionabile. Presi dall’esigenza di denunciare i guasti, i tagli e le misure più odiose non abbiamo smentito in modo documentato una enorme menzogna e cioè che l’onere delle pensioni e della previdenza sono esorbitanti e insopportabili. La tabella che pubblichiamo (fonte Ministero del Lavoro) testimonia, senza ombra di equivoci e senza tema di smentita, che in Europa tutti gli altri paesi, eccezion fatta per il Portogallo, la Spagna e l’Irlanda, spendono a questo fine una percentuale maggiore del Pil (Prodotto Interno Lordo) dell’Italia. L’Italia spende il 22,9% del Pil e resta ben lontana da Olanda, Belgio, Danimarca, Germania, Francia, che si attestano tra il 28 ed il 30%. Se prendiamo in esame l’onere delle sole pensioni non superiamo quello degli altri paesi, siamo nella media europea anche se sulle nostre pensioni pesano oneri assistenziali. Va sottolineato che rispetto ad un onere pari al 2/3% del Pil per il sostegno alle famiglie (assistenza) negli altri paesi europei in Italia si spende un modesto 1%. La verità è che in Italia per le pensioni e la previdenza si spende in meno non solo, si registra una evasione contributiva altissima, operano 47 sistemi pensionistici, vi è una forte commistione tra previdenza ed assistenza. Invece di affrontare i nodi veri si taglia e si incentiva la previdenza integrativa. Credo che Rifondazione Comunista oltre ad un no deciso in Parlamento e nel Paese ai tagli e alle misure più odiose che colpiscono in primo luogo le lavoratrici e i lavoratori precari debba proporre in modo organico un’ipotesi pensionistica che abbia i suoi cardini in:


  • Un minimo vitale che superi gli attuali minimi di 300/575.000 lire mensili di pensione;

  • L’unificazione dei 47 sistemi (diritti, doveri, gestione);

  • L’aggancio delle pensioni alla dinamica dei salari;

  • La netta divisione tra previdenza e assistenza;

  • Un finanziamento misto del sistema pensionistico;

  • La volontà vera, non forzata, da incentivi, disincentivi, ricatti per l’età pensionabile e la previdenza integrativa.

  • Dobbiamo smentire i bugiardi, per la previdenza si spende poco e meno di quello che spendono gli altri paesi europei, soprattutto si spende male. E’ possibile razionalizzare e migliorare il sistema pensionistico senza aumentare i costi.