Un ricordo di Sante Moretti di Massimo Allulli
12 febbraio 2014 alle ore 0.19
Sante Moretti non era persona che amasse la retorica. Credo che non amasse nemmeno i necrologi, quindi tantomeno credo che ne amerebbe uno suo. Non ha neppure voluto un funerale, dando un dispiacere a chi come noi avrebbe voluto salutarlo.
E allora forse il modo migliore per salutare Sante è ricordare, da oggi in poi, quello che ha insegnato a tanti che con lui hanno compiuto un percorso importante della propria esperienza politica e personale. Un percorso fatto di mobilitazioni, feste, congressi, migliaia di manifesti attaccati, altrettanti volantini distribuiti nell'insidiosissima Viale Libia. Un percorso fatto della sua pazienza nel trasmettere agli inesperti la teoria dei bisogni il pomeriggio, e la pratica del fare la colla la sera, di tanti litigi che in realtà erano sue leggendarie incazzature, di cene sociali della sezione con la sua presenza imponente e i suoi racconti di un passato che sembrava senza tempo,di quando per vivere spaccava pietre, per poi sindacalizzarsi e finire in carcere per aver aiutato un mezzadro a nascondere e tenere per sé parte del raccolto reclamato dal padrone. Sembra cucita su di lui la famosa affermazione di Enrico Berlinguer che diceva di non aver scelto la politica, ma di aver scelto la lotta per un società socialista. Questo era Sante. Se mi chiedessero quale era la sua caratteristica principale risponderei che era questa: ha sempre messo il collettivo davanti alla propria persona. Un collettivo che era il Partito. Che veniva prima di ogni ambizione personale, prima di ogni pigrizia, prima di ogni vanità intellettuale. Un collettivo in cui non c'è chi riflette e chi attacca i manifesti, che studia, che mantiene un legame tenace e continuo con il suo territorio e cerca il consenso vertenza per vertenza, rivendicando un parco ma anche parlando di globalizzazione. E senza mai dimenticare che alla fine di tutto questo servono il vino e il liscio in abbondanza ma mai senza sottoscrizione. Sante ci ha insegnato il valore del collettivo, della sua tutela, delle regole senza cui non può funzionare in anni in cui il mondo sembrava andare da un'altra parte. Così come sembra andare da un'altra parte adesso che lui non c'è più. Ecco, tutto questo serviva per dire la seguente cosa. Che chi ha conosciuto Sante Moretti sa che probabilmente tra le sue incrollabili convinzioni forse non tutto era sempre condivisibile. Ma sa anche che se un giorno ci sarà di nuovo una sinistra degna di questo nome, questa sinistra dovrà essere un po' come la voleva Sante Moretti e come è stata nei luoghi che lui ha costruito e ha animato. Una sinistra in cui l'ambizione collettiva è più forte, più importante, più soddisfacente di ambizioni, competizioni e miserie individuali.
Massimo Allulli