1983 - Intervento ad un comizio (elezioni politiche e amministrative)

Non voglio incominciare da quando Adamo mangiò la mela nel paradiso terrestre e ne fu cacciato. E' certo che se Dio esiste la sua maledizione più che i giovani "peccatori" ha colpito i vecchi, gli anziani.

Per secoli è stata affidata la sopravvivenza degli anziani, se non erano nobili o benestanti, alla beneficienza pubblica: il piatto di "brodaglia" dei conventi, le dame di carità, le confraternite di S. Vincenzo o di altro illustre santo, le opere pie, i cronicari.

Vecchi, orfani, bastardi, fanciulli abbandonati, poveri senza diritti costretti ad elemosinare. Ciò è durato per secoli ed in molte parti del mondo continua, a volte anche in Italia: penso ai barboni nelle stazioni delle grandi città!

E' dalla metà del 1800 che cominciano a cambiare le cose: per merito della Rivoluzione Francese o del Risorgimento Italiano: non so. O forse è stato l'organizzarsi della classe operaia che avvia un nuovo processo:

  • a metà del 1800 le prime associazioni di lavoratori costituiscono le società di mutuo soccorso. Solo nel 1886 vengono riconosciute dallo Stato: contavano 700.000 soci;

  • sempre attorno al 1890 vengono istituite le condotte ostetriche e mediche;

  • nel 1890 si dà "veste giudiziaria" alle opere pie;

  • nel 1898 nasce (non obbligatoria) la cassa nazionale infortuni;

  • 1899 si costituisce la cassa nazionale invalidità e vecchiaia su basi volontarie: 1914, dopo 15 anni aveva appena 500.000 soci;

  • 1910 viene istituita la cassa nazionale maternità: sono eslcuse le lavoratrici agricole;

  • 1919, su basi categoriali nasce l'indennità di disoccupazione;

  • 1929 viene istituita per i lavoratori del commercio la cassa malattia;

  • 1934, si istituiscono gli assegni familiari;

  • 1934, viene costituito l'Inam da cui sono esclusi i lavoratori autonomi.

  • 1935, viene costituito l'Inps che accorperà le varie previdenze.

 

Il fascismo ci lascia una pesante eredità. I non protetti sono una grande massa, sia per quanto concerne la pensione, la malattia, gli infortuni, la maternità, la disoccupazione: i più discriminati sono le donne e i lavoratori agricoli.

Quello che vige è la carità, non il diritto. Con l'avvento della Repubblica e della Costituzione si affermano dei precisi diritti per tutti. Ma quanti anni occorrono per rivedere una pensione, per riscuoterla: vergogna!

Articolo 1 della Costituzione: "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro"; Articolo 3 "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge... è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza ecc. ecc..."; Articolo 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e l'interesse della collettività e garantisce cure gratuite ecc..."; Articolo 38 " Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano provveduti ed assicurati di mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, ecc..."

Molta acqua sotto i ponti è passata in 40 anni, dal varo della Costituzione e della Repubblica. Tante sono state le lotte, i sacrifici, per costruire un sistema di sicurezza sociale delineato nella Costituzione. Oggi abbiamo ancora un sistema imperfetto, ingiusto, soprattutto in crisi.

La Cgil in particolare ed anche la Cisl e la Uil, hanno legato le lotte per il lavoro, la terra, la ricostruzione alle lotte per la libertà e la pace e per un avanzato sistema di sicurezza sociale: previdenza, sanità, assistenza, servizi sociali. Sono state necessarie lotte aspre e lunghe per costruire questo sistema di protezione sociale, imperfetto, pieno di ingiustizie, attaccato e criticato, che va riformato, ecco il punto, non distrutto.

  • Una pensione, anche minima, a tutti compreso commercianti, artigiani, contadini... si anche al clero.

  • La salvaguardia dei diritti previdenziali ai braccianti, ai lavoratori precari e stagionali, ricordiamo la difesa degli elenchi anagrafici.

  • Il riconoscimento del diritto al sussidio di disoccupazione ai braccianti, a lungo discriminati.

  • La parità tra tutti i lavoratori al di là del settore di appartenenza: ricordiamo la discriminazione, una tra le tante, nei confronti delle lavoratrici agricole in caso di maternità.

  • La riforma sanitaria e il superamento delle mutue.

 

La svolta si ha nel 1969 con la riforma del sistema pensionistico, legge 153:

    1. pensioni pari all'80% del salario percepito negli ultimi 3 anni

    2. pensione sociale a chi è privo di contribuzione

    3. maggioranza sindacale nel consiglio di amministrazione dell'Inps

    4. avvio dell'unificazione delle normative

 

1977 - sono passati 9 anni, scricchiola il sistema, l'Inps sta accumulando deficit e per effetto dell'inflazione si va in pensione non con l'80%, ma con il 60% del salario degli ultimi 3 anni: quindi pensioni più basse.

Il sindacato elabora e presenta al governo una piattaforma. Con il Ministro del Lavoro Scotti si raggiunge un'intesa per riordinare tutte le materie. Tre elezioni, 8/9 governi che non realizzano l'accordo ma sfornano oltre 250 provvedimenti parziali, contraddittori, spesso ingiusti. Conseguenze: permangono le ingiustizie, l'Inps è sommerso da deficit (quasi 40 miliardi) e sono in molti, oltre ai padroni, a chiedere di privatizzare il sistema. I pensionati di invalidità sono diventati "ladri" da mettere alla gogna! Gli elenchi anagrafici dei braccianti sono oggetto di pubblico ludibrio. Chi chiede un moderno sistema di sicurezza sciale è un nemico dell'economia e della patria.

Con Scotti, nel 1977, avevamo concordato:

  • di definire per tutti i lavoratori requisiti analoghi per andare in pensione: età, anzianità contributiva, ecc.

  • di far pagare le stesse aliquote di contribuzione in ogni settore e categoria

  • di riunire tutti gli assicurati nell'Inps

  • di avviare la divisione tra previdenza e assistenza, quest'ultima a carico della collettività.

 

Ma tutto ciò con gradualità, senza ledere i diritti acquisiti, un'operazione che doveva completarsi in 20 anni.

Inoltre di dare poteri reali all'Inps con due obiettivi:

  1. liquidare le evasioni contributive stimate di oltre 10.000 miliardi annui;

  2. riorganizzare l'Istituto per corrispondere le prestazioni maturate in tempi più brevi

  3. minimi: migliorarli i cui livelli erano e restano vergognosamente bassi

  4. migliorare i minimi di pensione, i cui livelli erano e restano vergognosamente bassi

  5. è stato aumentato il "tetto" del reddito per usufruire della pensione sociale

  6. i minimi, dal 1 gennaio 1979, sono passati da 122.300 lire a 286,000 o 305,000 lire nell'aprile del 1983. Per i lavoratori autonomi da 103.000 a 240.250, le pensioni sociali da 72.000 a 172.000 lire mensili

  7. la scala mobile è diventata trimestrale

  8. con la rivalutazione della contribuzione in pensione ci si va con 40 anni di contributi, con l'80% del salario

  9. è stata modificata la cura dell'Irpef (tasse), miglioreranno a giorni gli assegni familiari (accordo del 22 gennaio).

 

Ma non si è realizzata la sostanza dell'accordo del '77 ed oggi Scotti lo ritiene superato. Il sistema è scosso da una profonda crisi, anche finanziaria, come uscirci?

Noi, il sindacato, siamo per il riordino del sistema previdenziale, per l'eliminazione dei privilegi (e lo sono le pensioni date a chi ha appena 11 o 15 anni di anzianità contributiva, gli oneri sociali non pagati, fiscalizzati, condonati, lo è l cassa integrazione regalata ai padroni. Siamo per la solidarietà, per il carattere pubblico della protezione sociale...

I padroni, Pietro Longo, De Mita, Carli, i generali e i magistrati che capeggiano la lista del partito dei pensionati vogliono che rimangano intatti i privilegi e si privatizzi il sistema!

Sappiamo che l'Italia sconta un tasso di inflazione molto alto, sono molti i fattori che concorrono a determinarlo, tra i tanti c'è anche la spesa pubblica e di questa fa parte anche la spesa della gestione sociale.

La spesa sociale non è l'unica, anche l'aumento del valore del dollaro crea inflazione!

Per combattere l'inflazione, De Mita, Goria ministro del Tesoro e le teste d'uovo della DC, hanno proposto una strada:

  • 900.000 disoccupati in più

  • sanità, le cure e le medicine indispensabili a tutti, poi ognuno si arrangi

  • case, liberalizzare i canoni d'affitto

  • servizi, vanno pagati al costo effettivo (a Palermo una corsa in autobus supererebbe le 4.000 lire)

  • previdenza, rivedere le pensioni di invalidità: un minimo di pensione, poi ogni categoria di "oreganizzi" la sua pensione

  • revisione "ulteriore" della scala mobile (depurata dall'inflazione da dollaro)

 

E' ovvio che il sindacato dice NO, è ovvio che si va allo scontro! A Milano 200.000 metalmeccanici hanno manifestato.

Torniamo alle pensioni e diciamo qualche verità: 26 regimi pensionistici, centinaia di leggi, norme e decreti: un caos, una giungla. I lavoratori dipendenti assicurati all'Inps sono 16,5 milioni, le pensioni 10 milioni. I lavoratori (statali, enti locali, addetti ai servizi, bancari, dirigenti di azienda) non assicurati all'Inps sono 4,5 milioni, i pensionati 150.000.

Conseguenze:

  1. per maturare il diritto alla pensione, gli assicurati Inps devono esserlo d 35 anni, gli Enti Locali 25 (20 se donne); gli statali 20 (15 se donne). Conseguentemente se iniziano a lavorare a 20 anni un'operaia andrà in pensione a 55 anni, un'ospedaliera a 45 anni, la statale a 40 anni.

  2. nel calcolo della pensione, l'Inps prende a base gli ultimi 5 anni del salario, gli autoferrotranvieri gli ultimi 12 mesi, gli elettrici gli ultimi 6, gli statali l'ultimo mese maggiorato del 18%.

  3. a parità di contribuzione versata avremo che il metalmeccanico percepirà 10.597.000 annue, il tranviere 11.805.000 annue, lo statale 12.711.000 annue.

I minimi di pensione sono spesso tali in quanto scontano l'evasione contributiva, la contribuzione figurativa (disoccupazione, malattia, ecc.) non conteggiata, la non rivalutazione della contribuzione.

Per l'Inps: 30% del salario medio dei lavoratori dell'industria e cioè (aprile '83) lire 296.000. Per gli elettrici, lire 296.000 maggiorato del 20%. Per i giornalisti, 400.000 e così anche per i telefonici. Enti locali e ospedalieri, 511.000 lire mensili. Monte dei Paschi di Siena, 843.000. Per la contribuzione, i lavoratori ferrovieri pagano il 5,60, gli elettrici il 5,48, gli autoferrotranvieri il 4,22, i lavoratori dipendenti da "privati" il 7,15%.

Dimenticavo i dirigenti di azienda che sono il 6%. Sono verità elementari, così come la storia del deficit dell'Inps:

1981: lavoratori dipendenti = 3.200 miliardi

coltivatori = 11.000 "

artigiani = 1.500 "

commercianti = 1.300 "

Enel = 369 "

clero = 212 "

Ma poi perchè non ricordare i 1.300 miliardi della cassa integrazione?

Il deficit dell'Inps è dato:

  1. dall'evasione contributiva (10.000 miliardi annui)

  2. dalla fiscalizzazione e dagli sconti alle aziende del Sud (solo al Sud 8.000 miliardi circa annui)

  3. dai non versamenti dello Stato per integrare le pensioni al minimo (siamo a 12.000 lire mensili contro le 130.000 che ne occorrono)

  4. dai vari condoni.

L'Inps va risanato, ma non lo si f gridando "al lupo...al lupo..." con l'obiettivo di scorticare l'agnello rappresentato dai pensionati e dai lavoratori! E' stato il governo Fanfani, e il socialdemocratico Schietroma ad aver stravolto quel provvedimento che non permetteva più di andare in pensione con poco più di 10 anni di contributi ai dipendenti dello Stato. A costoro importano i voti e non il risanamento dell'Inps!

Si parla, negli ultimi tempi, troppo di invalidità pensionabile. Saremmo un popolo di invalidi!

Su 5.300.000 titolari di pensione di invalidità, solo 1.500 non hanno l'età pensionabile ed appena 399.000 hanno meno di 50 anni!

In Italia la spesa complessiva per la protezione sociale (sanità, pensioni, disoccupazione, assegni familiari, maternità, ecc.) è pari al 22,9% del Pil, negli altri paesi è pari e superiore al 25% (Francia, Germania).

Negli altri paesi i pensionati di invalidità al compimento dell'età pensionabile diventano normali pensionati...ergo! In Italia da 5.300.000 diventerebbero 1.500.0000.

La legge dice: "si considera invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle sue attitudini siano ridotte in modo permanente... a meno di un terzo".

Ovvio che i pensionati di invalidità sono al Sud dove ci sono molti lavoratori agricoli, dove c'è una minor tutela della salute, dove c'è la disoccupazione.

La Toscana ha in proporzione quasi lo stesso numero di pensionati di invalidità della Puglia (Toscana è mezzadria).

Ci sono realtà meridionali dove l'elenco anagrafico o la pensione di invalidità sono servite alla DC per costruire un sistema clientelare, ci sono anche degli abusi, certo!

Ma la verità è un'altra! Negli anni '50 padroni e democrazia cristiana hanno scelto un modello di sviluppo economico che portava le fabbriche al Nord e tacitava il Sud con gli elenchi anagrafici, pensioni relativamente facili, l'emigrazione. Questa scelta è stata imposta, non si può dimenticare gli anni in cui Scelba faceva sparare sui lavoratori.

Oggi De Mita, vero sepolcro imbiancato, si presenta nei comizi come il crociato impegnato a liberare l'Italia da questo esercito di cavallette rappresentato dai pensionati di invalidità

Sia chiaro, lo scandalo non sono le pensioni di invalidità, ma:

  • i minimi di pensione lire 296.000 mensili

  • le 800 lire al giorno di sussidio di disoccupazione

  • i tickets sui medicinali (una volta si tassava il sale e il pane)

  • i due milioni (presto 3) di disoccupati

  • i 26 regimi pensionistici

  • le evasioni e gli sgravi contributivi

  • l'aumento delle spese militari.

 

Ma tra i tanti scandali c'è quello che ammorba la vita politica e sociale del nostro paese ed è l'evasione fiscale.

Gli operai, gli impiegati, i pensionati pagano fino all'ultimo centesimo e sopportano l'80% del carico fiscale. In Italia - stando ai dati fiscali - sembra non ci siano i ricchi, i redditieri, i padroni, i fortunati, ma una massa di accattoni.

1981 - gli atleti denunciano 2,8 milioni di reddito, gli avvocati 8 milioni, gli artisti 5,5 milioni, le ostetriche 2,2 milioni, gli ingegneri, architetti, matematici, geometri dai 4 agli 8 milioni. Gli operai 7 milioni di più degli imprenditori, cioè dei padroni e dei commercianti all'ingrosso o delle aziende agricole che denunciano meno dei pensionati, 2,5 milioni annui.

Lo Stato è forte con i deboli e debole o complice dei forti.

Per concludere: in questi anni passi avanti sono stati compiuti, ma non bastano, non siamo soddisfatti.

La condizione dell'anziano (l'età media si sta allungando) è certamente legata al livello di pensione, per questo vogliamo un profondo riordino del sistema.

Ma la condizione dell'anziano è anche legata ai servizi sociali, all'assistenza domiciliare, al superamento dei "cronicari", a un ruolo nella società realizzabile con un lavoro socialmente utile. Molto spetta alle Regioni e gli Enti locali. Una ricca esperienza si sta facendo in Emilia ed in altre regioni dove la sinistra è al governo.

Oggi invece siamo di fronte ad un attacco teso ad umiliare l'anziano, a considerarlo un parassita, un ramo secco da tagliare. Non solo, non si vuole realizzare il riordino previdenziale, si punta a distruggerlo, a privatizzarlo: un minimo, poi ognuno si arrangi!

Anche per la sanità è la stessa cosa. La riforma sanitaria, una legge molto avanzata che si basa sulla gratuità e la prevenzione. Ebbene, con i tickets la gratuità è diventata un sogno, la prevenzione è rinviata... e noi scontiamo oltre 1.000.000 di infortuni e 2.000 morti l'anno a cui vanno aggiunte le malattie contratte nel lavoro. Non solo, aumentano cliniche e laboratori privati, mentre le strutture pubbliche si degradano.

Dice la DC: "le cure di base poi ognuno si garantisca la sua salute!" Dice ancora la DC: "basta con le spese dei Comuni per i centri degli anziani e per l'assistenza domiciliare!"

E' un attacco, un vento di destra di cui fa parte anche lo scontro contrattuale con il ricatto: se non si rinnovano i contratti, non aumentano le pensioni minime legate ai salari medi dei lavoratori. Si vogliono inginocchiare i lavoratori, si vuole dare "una lezione" a questo sindacato, alla Cgil. Si vogliono distruggere i principi di solidarietà che stanno alla base della Costituzione e del vivere civile, l'idealità che ha dato forza a questo sindacato. Non si illudano, avranno una dura risposta.

I pensionati hanno lottato e lottano: indietro non si torna! Anzi vogliamo andare avanti. Sappiamo - la storia e la vita ce lo hanno insegnato - che solo con la lotta si cambiano le cose, avanza la libertà, il progresso, la giustizia.

E' importante anche il voto, certo non credo che nessuno di voi si facci ingannare dal partito dei pensionati, meglio dire dei generali e dagli alti burocrati. Coloro vogliono salvare i privilegi! I pensionati non hanno bisogno di generali. In passato hanno avuto un grande capo, Di Vittorio, che non li ha mai dimenticati. Oggi gli eredi di Di Vittorio, gli uomini della Cgil, non si sono scordati la sua scuola e continuano la lotta.

Il sindacato, sin da quando è nato, ha insistito sull'importanza ed il valore del voto considerato un atto di lotta. Infatti le prime leghe bracciantili - eravamo a metà 800 - insegnavano a leggere e scrivere in quanto chi era analfabeta non aveva diritto al voto. La politica non è "sporca". C'è chi la infanga e strumentalizza. I partiti, gli uomini politici non sono tutti ugual e se avanzerà, il 26 giugno, la sinistra, ebbene, sarà più facile affrontare i problemi degli anziani.

Pensionati, siete una grande massa che ha una grande autorità morale: servite lo Stato in pace e in guerra, costruite tutto quello che c'è (solo il lavoro crea), lottate per difendere questa Repubblica dai tanti attacchi, fate sentire la vostra voce, date un voto di lotta, sì di lotta!

 

Data documento: 
Sabato, 1 Gennaio 1983
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