2011 - Decreto salva Italia di Monti
(articolo per Liberazione)
L’aumento dei carburanti alla vigilia del ponte dell’Immacolata è stato uno “schiaffo” salutare per quei tanti cittadini che avevano dato credito a Monti e identificandolo come il “salvatore della patria” Un’altra sberla, con l’addizionale Irpef su salari e pensioni, a gennaio!
E’ infatti sul taglio al potere d’acquisto dei salari e delle pensioni che il governo recupererà quasi trenta miliardi attraverso:
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L’aumento del 2,25% delle aliquote Iva
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Un insieme di bolli sui depositi bancari ed i risparmi
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L’Ici sulla prima casa e la rivalutazione del 60% degli estimi catastali
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Il blocco per due anni della rivalutazione delle pensioni al di sopra o al di sotto sempre di pensioni povere (1400 euro lordi sono meno di 1100 euro netti)
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L’aumento delle tariffe per i servizi: a Roma il biglietto dell’autobus passerà da 1 euro a 1.50
Incentiva invece le imprese: un fondo di garanzia per oltre 20 miliardi, agevolazioni sugli utili reinvestiti e per la ricapitalizzazione, recupero dell’Irap e un contributo per l’assunzione di donne e giovani sotto i 35 anni di 10.600 euro che sale a 15.200 al Sud, accelerazioni delle “liberalizzazioni” dei trasporti, dei farmaci, delle attività degli esercizi commerciali, garanzie per le banche, sblocco di 3,8 miliardi per opere strategiche: tav, alta velocità e altri 30 miliardi per le altre, compreso il ponte sullo stretto.
Festa grande per le imprese e per il mondo della finanza, che non tengono nascosto il loro entusiasmo.
Non è prevista, anzi è esclusa la patrimoniale, come l’aumento del prelievo sugli stipendi oltre i 75.000 euro. Il Vaticano continuerà a non pagare l’Ici (700 milioni), qualche prelievo sulle liquidazioni oltre il milione e su barche ed auto di lusso vengono smerciati come equità.
I costi della politica
Potevano trovare le risorse bloccando alcune opere (come la Tav) contestate, inutili e dannose o annullando l’acquisto delle maserati, dei superaerei, dei cacciatorpedinieri (23 miliardi già decisi dal Ministero della difesa), da una vera patrimoniale. In questi anni è cresciuta la ricchezza e con lo scudo sono rientrati 170 miliardi.
Gli unici interventi sono finalizzati a ridurre le spese per la democrazia e la partecipazione. Lasciamo stare, per amore di patria, il pasticcio delle provincie. Aboliscono compensi e gettoni di presenza ad esempio nei municipi, diminuiscono il numero di rappresentanti eletti, cancellano il finanziamento alla stampa dei partiti, cooperative, cioè alle piccole testate. Tutto è funzionale al bipolarismo: nei nuovi municipi di Roma può essere eletto un consigliere solo con almeno l’8% dei voti.
Perché invece di continuare a ipotizzare il dimezzamento del numero dei parlamentari non dimezzano gli stipendi degli stessi? Non hanno nemmeno armonizzato i vitalizi alle regole pensionistiche dei comuni mortali! Sarebbe così drammatico mettere un tetto alle collaborazioni della presidenza della Repubblica e del Consiglio dei Ministri? Ai cosiddetti manager di Stato e vietare la possibilità di cumulo tra chi riceve stipendi, emolumenti con altre attività in aziende, Enti, anche professionali sia in Italia che all’estero?
Come vengono spesi i 50 milioni di euro annui a disposizione del presidente del consiglio? Perché non inasprire le pene per chi approfitta del suo ruolo istituzionale per interessi privati? L’accanimenti sui costi della politica e mancate misure per ridurli accrescono la sfiducia nei partiti e nelle istituzioni. Sono funzionali a chi vuole ridurre il Parlamento a Consiglio di Amministrazione.
Credo però che il cuore della manovra siano le pensioni in quanto oltre a pesanti prelievi per far cassa si cambiano le regole basilari e si rendono funzionali all’annunciato intervento sul rapporto di lavoro.
Il governo Monti sta eliminando il diritto a pensionarsi con 40 anni di contributi e aumentare l'età per uomini e donne a 70 anni in tempi brevi. Applicare a tutti il sistema di calcolo retributivo che provocherà una forte diminuzione dei futuri assegni pensionistici. Non rivaluta, già dal 2012, gl assegni pensionistici in base agli indici Istat, pur in presenza di un aumento del costo della vita superiore al 2,8%.
Sono 10 i miliardi che verranno prelevati dalle pensioni e ciò sarebbe equo, in quanto circa 200 parlamentari, o ex, dovranno ritardare di quale mese a fruire del vitalizio.
Per Monti è iniquo che ci siano ancora dei lavoratori che maturano pensioni pari al 70/80% del salario percepito negli ultimi anni di lavoro e che possono pensionarsi dopo 40 anni di lavoro, stante la grande massa di lavoratori e lavoratrici precari che matureranno pensioni modestissime o ne saranno privi.. Per Monti è iniquo che ci siano ancora milioni di lavoratori che le aziende non possono licenziare a loro piacimento mentre ce ne sono tanti che non hanno nessuna garanzia.
Per Monti è iniquo che ci sia un contratto nazionale che garantisce il posto di lavoro, orari, ritmi, qualifiche, mansioni e persino misure per rendere più sicuro e meno nocivo il lavoro dato che attraverso le forme contrattuali atipiche milioni di lavoratori sono privi di tutele. Per salvare l'economia italiana e liberarla dalle iniquità vogliono abolire lo Statuto dei lavoratori, archiviare il contratto nazionale di lavoro, rendere povera ed incerta per tutti la pensione. Per "lor signori" riforme ed equità significa ricacciare indietro di un secolo lavoratori e lavoratrici!
Il sistema pensionistico su cui ci sono stati interventi ripetuti dal 1992 (governo Amato) è stato indebolito ma non è stato smantellato e mantiene la sua natura pubblica e elementi non secondari di solidarietà. La madre delle riforme fu varata nel 1995 (governo Dini) con l'appoggio dei sindacati confederali e l'unica forza politica che si oppose fu Rifondazione Comunista. La legge Dini avviò l'allungamento dell'età per il diritto alla pensione, cambiò il sistema di calcolo ed il conseguente superamento di un minimo, incentivò le pensioni integrative. Dopo il 1995 ogni governo è intervenuto ed ha peggiorato quale norma.
Quali sono le vere iniquità presenti nel sistema pensionistico?
La prima è la confisca, da parte dello Stato, dell'attivo dell'Inps che negli ultimi anni è stato sempre superiore ai cinque miliardi l'anno, mentre 8 milioni di anziani percepiscono meno di 700 euro al mese. Non è equo e morale che con l'attivo del fondo dei lavoratori parasubordinati e dei lavoratori dipendenti si copra il deficit (circa 9 miliardi annui) del fondo degli artigiani, coltivatori, commercianti che versano un'aliquota contriu5tiva del 21% mentre gli altri lavoratori versano il 33%. Grida vendetta che i lavoratori dipendenti ed i parasubordinati coprano per circa due miliardi il deficit del fondo dirigenti di azienda che percepiscono (media) più di 50.000 euro l'anno di pensione a fronte degli 11.000 dei lavoratori dipendenti e che sanino anche il pesante deficit del fondo clero mentre il Vaticano fa man bassa dell08%1000, riceve incentivi per la qualunque dallo Stato e dagli enti locali e non paga le tasse.
Si deve sapere che l'Inps è in attivo ed i suoi conti, certificati anche dalle autorità europee, sono in equilibrio almeno fino al 2060.
Gli interventi sulle pensioni sono da un lato finalizzati a far cassa in modo facile e sulla pelle di chi ha pagato le tasse e lavorato una vita intera e dall'altro a far diventare la pensione pubblica una sorta di assistenza sganciandola dal rapporto di lavoro.
Fino ai primi anni '80 del secolo scorso la parola Riforma per il mondo del lavoro e per la società significava nuovi diritti, progresso. Ne ricordo per memoria alcune: lo Statuto dei lavoratori che con il famigerato "articolo 18" vieta i licenziamenti arbitrari; la legge sulle pensioni (1969) che istituisce il minimo garantito, la pensione di anzianità, un sistema di calcolo che garantiva, dopo 40 anni di contributi, l'80% della media del salario percepito negli ultimi anni di lavoro; la legge sulla sanità (1978) che fa della salute un diritto di cittadinanza indipendentemente dal reddito e dà diritto a trattamenti (prevenzione, cura, riabilitazione) uguali per tutti.
Riforme ed equità
Noi comunisti siamo da anni portatori di proposte per riformare il sistema pensionistico, per garantire ai lavoratori e alle lavoratrici una vecchiaia serena e dignitosa. Le nostre proposte assicurano la sostenibilità economica del sistema e riconnettono il lavoro con le pensioni ed il rapporto tra anziani e giovani, tra occupati e disoccupati.
Le nostre proposte:
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un minimo di 1.000 euro al mese di pensione (rivalutabili nel tempo) per garantire quei lavoratori e lavoratrici che hanno percorsi lavorativi accidentati ed incerti ed un massimo mensile di 5.000 euro non cumulabili con vitalizi ed altre diavolerie
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regole (diritti e doveri) eguali per tutti i lavoratori del settore privato e pubblico, autonomo e professionale, quindi stessi versamenti di contributi, stesa età per il diritto alla pensione, stessi sistemi di calcolo
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unificazione nell'Inps di tutti gli Enti previdenziali e casse pensionistiche dei professionisti con conseguente risparmio di circa 4 miliardi di euro l'anno
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ogni comparto (lavoro dipendente, lavoro autonomo, lavoro professionale) deve garantire l'equilibrio del proprio fondo
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un fondo pensione integrativo gestito dall'Inps in cui confluiscano gli attuali fondi pensione. L'adesione deve essere libera. Alle quote di salario (il Tfr è salario) e alle quote di risparmio versate, va garantito un rendimento minimo ed in ogni caso il capitale versato. In questo ultimo anno i mercati finanziari si stanno mangiando i versamenti spesso sfarzosi di quel 25% di lavoratori e lavoratrici che hanno aderito ai fondi pensione.
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l'età per il diritto alla pensione non può essere legata solo alla speranza di vita, tra l'altro non dei lavoratori ma della popolazione intera. Non solo, va fatto un ragionamento sul lavoro svolto durante la vita anche se il lavoro per la quasi totalità dei lavoratori dipendenti è pesante, stressante, alienanate. Ma ci sono attività lavorative particolarmente logoranti: in campagna, nei cantieri edili, negli altoforni, nelel catene di montaggio... ma anche negli asili. L'età per la pensione non può essere legata solo alla speranza di vita ma agli anni di lavoro ed alla sua tipologia. In ogni caso dopo 40 anni di lavoro si deve avere il diritto alla pensione
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l'evasione contributiva diventi reato penale. Si deve abbattere una evasione pari a circa 30 miliardi l'anno. L'Inps vanta bel 28 miliardi di crediti definiti con le aziende per contribuzione arretrata di cu negligentemente non sta rientrando in possesso
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un sistema pensionistico pubblico solido, equo, solidale, universale.
Quale altra considerazione: per il mondo della finanza e per le imprese, le pensioni devono diventare assistenza. Vanno sganciate dal rapporto di lavoro. Ogni individuo si deve responsabilizzare e preoccuparsi della sua vecchiaia.
La pensione, di natura pubblica, con regole, universale e solidale, legata al rapporto di lavoro, è un impedimento all'abolizione dello Statuto dei lavoratori, al depotenziamento del contratto nazionale di lavoro, alla contrattazione individuale. La pensione pubblica impedisce il decollo di quella integrativa, sottraendo risorse ai mercati finanziati.
Questa delle pensioni è il fulcro della manovra che il PD ed anche i sindacati confederali riducono alla mancata o parziale rivalutazione e all'eccessiva accelerazione dell'età per il diritto alla pensione. La posta in gioco è ben alta. 3 ore di sciopero, pur importante, assumono carattere dimostrativo. Se non si paralizza il paese, se non si parte dallo sciopero generale per unire obiettivi di tante proteste a cominciare dagli "indignatos", pagheremo conseguenze anche sul terreno della Democrazia e della Libertà!
Del resto abbiamo un governo extraparlamentare, espressione diretta delle autorità monetarie europee, nato con la regia di Re Giorgio, peggio che in una Repubbica presidenziale al soldo della finanza e delle imprese! E non è finita, nè lo sarà con il prossimo intervento sui rapporti di lavoro. Le stesse forze politiche sono di fatto commissariate ed è difficile prevedere quali nuove alleanze si formeranno.
Questa crisi si supera se si mette in discussione il sistema capitalistico di produzione, se cresce la convinzione che è possibile un altro mondo, che ci vuole un nuovo socialismo. Il comunismo, se nell'800 era lo spettro che si aggirava per l'Europa, oggi è la speranza di salvezza per l'umanità.