1975 - INTERVENTO
Riunione a Montescaglioso (Matera)
Il 14 dicembre del 1949 l'odio di classe, la repressione anticontadina e antipopolare mieteva, anche qui, a Montescaglioso, la sua vittima nel compagno Novello.
I fatti sono noti, voi li avete vissuti e, nella memoria di chi ha più di 30 anni, sono scolpiti a fondo, indelebili: un paese circondato, come non era avvenuto nemmeno durante la guerra, dalla polizia. Viene tolta la luce, le porte sfondate, arresti. Poi sulla popolazione che si riversa nelle strade si spara e si uccide.
Si era già sparato a Melissa, a Torremaggiore, in Emilia. Molti furono i morti in quel 1949, tanti! Altri ne seguiranno, ancora, a Modena nel '50, poi ancora negli anni a venire fino al passante: un pensionato con 6 figli, travolto, due giorni fa, da una camionetta della polizia a Napoli, che stava caricando i disoccupati.
La lotta del Movimento Operaio per il suo riscatto, per difendere la Libertà e la Democrazia è stata una lotta aspra. Una lotta dura, fatta di tanti sacrifici, fino al sacrificio della vita. Ma è una lotta che non può essere fermata: la classe operaia, i contadini, i braccianti del Mezzogiorno non si piegano … non lo dimentichino coloro che ancora non hanno abbandonato il sogno di riportare indietro la storia o anche coloro che la storia vorrebbero fermare!
Nemmeno una potenza come l'America, nemmeno 500.000 soldati scelti, nemmeno la tecnologia più spaventosa e moderna, nemmeno la distruzione e la morte hanno, in trent'anni, potuto schiacciare l'eroico popolo del Vietnam ed oggi, il Vietnam è libero, ha vinto!
Anche noi continuando, con decisione, con caparbietà, vinceremo la battaglia per il Mezzogiorno, che significa rinnovamento e trasformazione dell'Italia.
Che cosa chiedevano, nel '47, '48, '49 i lavoratori, i braccianti, i contadini poveri, i disoccupati?
La terra e la terra significava pane e lavoro, significava dignità. Significava liberarsi dei Barlingeri (del barone) e dei blasonati.
Ma il movimento per la terra veniva ferocemente represso, si voleva da un lato non toccare i feudi, dall'altro schiacciare la punta avanzata del movimento operaio del Mezzogiorno.
La terra: toglierla a chi ne aveva tanta, spesso incolta o mal coltivata, significava per alcuni (per il governo) mettere in discussione il principio della proprietà nel cui nome e difesa, per secoli si sono fatte le guerre, si sono costruite le dittature più spaventose, si sono operate feroci repressioni. Il tutto nobilitato dalla parola "Patria"!
La patria: non sono i monumenti ai caduti, non è la bandiera con le medaglie, non è l'ordine che conosce solo la "giustizia" dei ricchi. NO! Una patria, on. Almirante, è grande quando garantisce ai suoi figli, a tutti, la libertà vera. E la prima libertà è il lavoro. E' patria quando porrà fine all'emigrazione e alla divisione delle famiglie, quando permetterà a tutti di studiare e di avere la certezza del diritto al lavoro, anche senza le raccomandazioni. Quando garantirà civili pensioni ai pensionati. Quando saprà operare affinchè non ci siano più guerre.
Per questa patria noi lottiamo oggi, come abbiamo lottato ieri!
Spetta ai giovani tener alta questa bandiera, che è la bandiera di Novello, la bandiera del riscatto del Mezzogiorno e del mondo del lavoro!
Le richieste del movimento operaio di quegli anni non vennero accolte, anche se in Basilicata furono espropriati 50.000 ettari di terra. Ma si operò per confinare gli assegnatari nelle terre peggiori, non si aiutarono a trasformarle, non si realizzò l'irrigazione, non si aiutarono i contadini. L'emigrazione - e dalla Basilicata ben 200.000 lavoratori sono emigrati - è stata un esodo biblico, un delitto!
Oggi, dopo 26 anni da quel 1949, il nostro paese attraversa una spaventosa crisi economica, ma anche una crisi morale e politica.
Di questa crisi - e lo riconoscono tutti - una componente essenziale è l'agricoltura. Paghiamo per la mancata riforma agraria: paghiamo perché si rifiutò il piano di lavoro elaborato da Di Vittorio.
Seguono dati sulla crisi economica
I resoconti fatti dai giornali nelle lotte del 1949/1950 per il lavoro e la terra, parlano di migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini che, con traini, muli o a piedi, impugnano una bandiera rossa o tricolore ed entrano nei feudi a picchettarli, a dissodarli. Partono dai paesi per chilometri e vanno a lavorare.
Anche oggi, spesso col motorino, a migliaia di nuovo ci si concentra sulle terre incolte, sulle dighe da completare, su quelle pronte ma che scaricano le acque al mare.
Non è il movimento degli anni '50, ma anche oggi, assieme ai braccianti, c'è spesso la classe operaia, ci sono gli amministratori locali, tante bandiere e la volontà di vincere la battaglia del rinnovamento dell'agricoltura.
Voi confinate con la Puglia. Dal 1960, una diga, quella di Occhito, la più grande d'Europa, è terminata. Domina il Tavoliere, ma non una goccia d'acqua va a bagnare quell'arida e immensa pianura! Gli agrari non vogliono l'acqua, vogliono un prodotto certo: il grano sovvenzionato. Ricchezza e occupazione persi nell'interesse di pochi privati.
Ma c'è di più. Nel 1950 quando le lotte erano aspre la divisione sindacale indeboliva il movimento. Oggi si lotta mentre l'unità sindacale avanza. L'unità sindacale fa paura ai padroni, agli amici dei padroni, a chi vuole non cambiare la società e vorrebbe colpire a morte le istituzioni democratiche e repubblicane nate dalla Resistenza.
Con la lotta, con l'unità (e il Sud ha bisogno dell'unità) si può andare avanti.
Tutti dobbiamo cambiare: ci sono rancori antichi da dimenticare, ci sono settarismi da cancellare, c'è un modo nuovo di confrontarci, di incontrarci. Ci sono lavoratori che non accettano più la divisione: uniti si vince e l'unità va realizzata.
Mi auguro che anche tra i partiti che dettero vita alla Resistenza avanzi un processo di avvicinamento, di confronto, di comune impegno di fronte alla crisi che attraversa l'Italia.
Far fronte alle trame eversive e pericolose. Il tentativo di sovvertire la struttura democratica è ancora in atto, un disegno che ha dei capi, dei mandanti, dei finanziatori e dei collegamenti anche internazionali.
Strage di Piazza Fontana del 1969. In quel periodo erano in corso grandi e vittoriose lotte operaie. I lavoratori delle fabbriche dopo aver vinto in fabbrica posero l'esigenza di cambiare la società: alzarono la bandiera del Mezzogiorno. Da allora stragi, attentati si sono moltiplicati. Il disegno eversivo nella sua crudezza, nella sua follia, nella sua brutalità e crudeltà si è configurato, precisato come un disegno reazionario, conservatore, fascista.
Di questo disegno voglio sottolineare alcuni fatti:
-
al di là delle mascherature e delle mimetizzazioni, delle coloriture, che di volta in volta vengono date dei singoli episodi (stragi, attentati, sequestri) il colore e la responsabilità vera è solo NERA, FASCISTA!
-
Il MSI è in questi fatti coinvolto. Tutti sapete che in questi giorni si svolge il processo per l'assassinio dell'agente Marino a Milano, ad opera di alcuni fascisti in un "giovedì nero". Ebbene, la magistratura ha incriminato due deputati del MSI, gli on. Petronio e Servello. Non solo, affinchè la vedova ed i parenti dell'agente non si costituissero parte civile, il MSI si era impegnato a versare 20 milioni.
-
Lo Stato, nel suo complesso, al di là anche di apprezzabili dichiarazioni a volte di Taviani o di Moro, non fa il suo dovere. Non si fanno i processi ai fascisti (c'è sempre il modo di rinviarli) e si lasciano liberi (piazza Fontana 1969 processo da fare) Su nessuna strage è stata fatta luce completa: qualche pesce piccolo è in prigione, qualche complice anche, ma i mandanti, i finanziatori sono liberi. Non si vogliono colpire.
Ecco la verità, altro che nuove leggi per l'ordine pubblico! Il movimento sindacale, che è per l'ordine democratico, contro la delinquenza, chiede che lo Stato applichi rigorosamente le leggi e non si dimentichi che è uno Stato nato dalla Resistenza, perciò antifascista:
Oggi come ieri ci attendono grandi lotte: per il lavoro, per superare la crisi, per trasformare la campagna e l'economia, per difendere la libertà e la democrazia.
Credo che di fronte a questo monumento (Novello) che non ricorda solo il sacrificio del compagno Novello, ma la lotta grande e gloriosa dei braccianti meridionali, noi dobbiamo riconfermare l'impegno di lotta, di unità della categoria e del mondo del lavoro.