2012 - Articolo per Liberazione

LA LEGGE FORNERO: PENSIONI

Le verità nascoste, i diritti calpestati, tutte/i in pensione più vecchi e con una pensione più povera

La legge sulle pensioni votata dal PDL ed UDC con entusiasmo, e dal PD con qualche mugugno, è stata accettata da CISL e UIL e debolmente contrastata dalla CGIL.

  • Gli esodati e non solo

La legge sembra quasi abbia una sola pecca: gli esodati. Cioè quelle lavoratrici e quei lavoratori che in base ad accordi sindacali aziendali terminato il periodo di cassaintegrazione o mobilità maturano il requisito dell’età e di conseguenza il diritto alla pensione. Quanti sono gli esodati? L’Inps li quantifica in 350.000, la Fornero ha sostenuto con caparbietà che erano 65.000. A questo dramma (senza salario e senza pensione anche per sei anni)i partiti hanno accoccato un accordicchio in Parlamento che non risolve il problema: lo attenua, lo rinvia.

Ci sono 650.000 lavoratori, in gran parte donne, non protetti da accordi aziendali e di cui colpevolmente nessuno si preoccupa che dovranno aspettare anni per pensionarsi anche se hanno maturato il requisito contributivo o lo stavano maturando con versamenti volontari, il sussidio di disoccupazione.

L’aumento repentino dell’età per il diritto alla pensione ha sconvolto la vita di più di un milione di persone.

  • Le ricongiunzioni

Ma la legge Fornero ha ignorato anche la colossale truffa operata dal governo Berlusconi: la ricongiunzione delle posizioni assicurative. I lavoratori e le lavoratrici che nel corso della loro vita hanno cambiato impiego per pensionarsi dovranno riunificare i contributi in un unico Ente previdenziale, con oneri elevatissimi: ripagare una parte dei contributi già versati o rinunciare al calcolo della pensione con il sistema retributivo, in soldoni o perdere un 40% dell’assegno pensionistico o versare decine di migliaia di euro.

Ma il dramma degli esodati o assimilabili non può nascondere le conseguenze della nuova legge sui pensionati e ancor più su quanti si pensioneranno in futuro.

Sostenibilità del sistema pensionistico. Il nostro sistema pensionistico è solido sul piano finanziario e non si prevedono criticità fino al 2050, lo hanno certificato il nucleo di valutazione della spesa previdenziale del Ministero del Lavoro e le autorità monetarie europee.

Lo confermano i bilanci dell’Inps che si chiudono da anni in attivo anche in presenza di una crescente disoccupazione.

Il rapporto pensioni-PIL è uno dei più bassi in Europa anche se il TFR viene considerato, e solo in Italia, spesa pensionistica; l’evasione contributiva viaggia sui 50 miliardi l’anno e per la scarsità di ispettori un’azienda “rischia” di essere visitata ogni 120 anni; l’Inps vanta crediti di contributi pregressi dalle aziende di ben 29 miliardi ma non procede a recuperarli con atti esecutivi; vi è ancora commistione tra previdenza ed assistenza e con le misure a sostegno dell’occupazione (decontribuzione a favore delle aziende); siamo l’unico paese in cui il fisco preleva dalle pensioni più di 30 miliardi l’anno, negli altri paesi europei le pensioni non sono tassate o lo sono simbolicamente.

Contemporaneamente ben 5 milioni di anziani vivono con assegni che variano da 500 a 1.000 euro al mese e ben 2.400.000 con assegni inferiori a 500 euro mentre ‘vantiamo’ pensioni anche di 100.000 euro mensili.

Le pensioni superiori a 3.000 euro mensili sono 400.000 circa.

Inqualificabili iniquità

I dirigenti dell’Inps invece sono ben pagati: senza contare i benefit e la buonuscita il Direttore Generale viaggia sui 350.000 euro l’anno ed il Presidente sui 1.200.000.

Il bilancio dell’Inps per il 2011 si è chiuso in attivo di un miliardo e 297 milioni di euro ma al suo interno vi sono iniquità che si continuano colpevolmente a celare.

Da anni ed anni il fondo lavoratori dipendenti privati, quello dei parasubordinati (precari – contratti atipici), quello delle prestazioni temporanee sono in attivo e l’attivo viene utilizzato per coprire le passività di altri fondi. Nel 2011 il fondo lavoratori dipendenti è risultato attivo di 8 miliardi e 194 milioni,quello dei parasubordinati di 7 miliardi e 115 milioni, quello delle prestazioni temporanee di 1 miliardo e 991 milioni.

Complessivamente 17 miliardi e 301 milioni.

Sono invece passivi i fondi degli elettrici, trasporti, telefonici per 4 miliardi e 86 milioni; i fondi degli artigiani, coltivatori e mezzadri e commercianti per 10 miliardi e 885 milioni, del clero di 76 milioni; dei dirigenti di azienda di 3 miliardi e 639 milioni e la pensione media annua di quest’ultimi è di 49.885 euro mentre quella dei lavoratori dipendenti è di 11.595 euro.

Coprire il deficit di questi fondi non è solidarietà, è una rapina a danno del lavoro dipendente, dei precari, degli immigrati che lavorano in campagna, che sgobbano nei ristoranti, che faticano nei piccoli cantieri edili quasi sempre con salari da fame ma sono costretti a finanziare la pensione ai loro datori di lavoro.

I lavoratori dipendenti pagano la pensione anche al clero, ma fa ribollire il sangue che la paghino ai dirigenti di azienda (anche Marchionne) che spesso sono gli uomini che per conto dei datori di lavoro li spremono, umiliano, licenziano.

Il merito della legge Fornero:

  • ha aumentato l’età per il diritto alla pensione. Dal 1 gennaio 2012 per ottenere la pensione di vecchiaia sono necessari 66 anni di età per gli uomini e 62 per le donne e nel 2013 saranno necessari tre mesi in più; per la pensione di anzianità 42 anni e 1 mese di contributi e 4 mesi in più nel 2003. A regime l’età sarà di 67 anni per tutti: sono previsti incentivi per chi resta al lavoro fino a 70 anni. L’aumento dell’età per il diritto alla pensione blocca il turnover e l’assunzione di giovani in presenza di una crescente disoccupazione giovanile. Costringe, siamo all’incoscienza, esseri umani persino a rischiare la vita e porta a dequalificare i servizi essenziali. Pensate a un vigile del fuoco in cima ad una scala o in mezzo ad un incendio a più di 60 anni o un muratore in cima ad una impalcatura, oppure ancora ad un bracciante chino a raccogliere nella canicola d’agosto i pomodori; ma anche gli infermieri del pronto soccorso, le maestre d’asilo…e la lista è lunga. C’è poi la questione della “civiltà” del lavoro. Il movimento operaio ha fatto delle otto ore di lavoro la sua bandiera. Orario di lavoro ed età per il diritto alla pensione sono facce della stessa medaglia: invece aumentano gli orari di lavoro, si incentiva il lavoro straordinario, si aumenta l’età per il diritto alla pensione.

 

  • abolisce il minimo di pensione. Con l’estensione del sistema di calcolo contributivo. Fino ad oggi se un lavoratore od una lavoratrice maturavano l’età per la pensione con almeno 20 anni di contributi gli veniva garantito un minimo (480.53 nel 2012) anche se con i contributi versati non maturavano quell’importo di pensione. Ad essere penalizzate saranno in maggioranza le lavoratrici. Non solo, per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare nel 1996 è stata introdotta una condizione aggiuntiva: per ottenere la pensione di vecchiaia o quella anticipata (63 anni e 3 mesi nel 2013) i contributi versati devono maturare un importo di pensione almeno di 8.370 euro (1,5 l’assegno sociale) per la vecchiaia e 14.880 euro per l’anticipata, altrimenti si dovrà aspettare fino a 70 anni.

 

  • blocca per due anni (2012 e 2013) la rivalutazione delle pensioni al costo della vita. Per tutte le pensioni superiori a 1.100 euro al mese (netti) è una perdita per tutta la vita di 700 euro, non più recuperabile.
    Una secca diminuzione del potere di acquisto per milioni di anziani.

 

  • cambia il sistema di calcolo. Tutti in pensione con il sistema retributivo e non solo, si son peggiorati i coefficienti che definiscono l’importo della pensione e verranno periodicamente modificati in base alla speranza di vita: entro pochi anni, i futuri pensionati riceveranno assegni inferiori al 50% dello stipendio mentre chi ha vissuto di lavoro precario riceverà qualche spicciolo.
    Un esempio: prendendo a base un monte contributivo di euro 300.000 ed un’età di 65 anni nel 2013 si riceverà una pensione di 20.730 euro lordi annui; nel 2012 l’importo è stato di 21.040 euro, precedentemente di 24.440 euro…ogni anno che passa la pensione diventa sempre più povera.

 

La prima osservazione riguarda i diritti acquisiti che sono stati calpestati: hanno voluto far capire chiaramente che non v’è nulla di certo. Persino i contributi versati sono a rischio, infatti con la legge Fornero sulle pensioni lo Stato preleva (saccheggia) dal sistema pensionistico per circa 20 miliardi: a memoria d’uomo solo il fascismo confiscò i contributi per sostenere le spese di guerra. Per lor signori la pensione pubblica deve essere sempre più modesta e quindi i lavoratori e le lavoratrici devono “diventate più responsabili”, pensare al loro domani e quindi risparmiare per assicurarsi privatamente non solo per la vecchiaia, ma per la sanità e persino per i periodi di disoccupazione. Vogliono far diventare la previdenza integrativa la pensione del futuro, per foraggiare i mercati finanziari. In Italia poco più del 20% delle lavoratrici e dei lavoratori si sono iscritti, pur in presenza di incentivi contrattuali e fiscali, ai fondi di pensione e quelli che l’hanno fatto hanno constatato che il TFR ha un rendimento superiore ed in alcuni casi hanno perso quote di quanto già versato.

La manomissione dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, la delegittimazione del contratto nazionale, la legge sulle pensioni è il tentativo dei poteri forti di ridurre nudi (senza diritti) quindi ricattabili i lavoratori e le lavoratrici. Vogliono rendere marginale ed inefficace tutto ciò che unisce i lavoratori come il contratto nazionale, la pensione.

I referendum sul lavoro e le pensioni, se avranno un risultato positivo, bloccheranno la manomissione dell’art.18, ridaranno vigore al contratto nazionale, spazzeranno via le norme liberticide della legge Fornero, rimetteranno al centro il lavoro e ridaranno vigore alle lotte.

 

Le nostre proposte per un sistema pensionistico pubblico, solidale e universale

Rifondazione Comunista in materia pensionistica ha non solo idee ma proposte precise che di seguito esplicitiamo.

 

1) Parte entrate: liberare il sistema pensionistico da ogni onere assistenziale quale la riduzione di contributi a vantaggio delle aziende e per le prestazioni di natura assistenziale. Portare la contribuzione da versare ad ogni fondo allo stesso livello di quello dei lavoratori dipendenti. Mettere un tetto all’assegno pensionistico che in ogni caso non dovrebbe superare dieci volte quello minimo, circa 5.000 euro mensili.

 

2) Un unico ente previdenziale diviso in quattro grandi comparti : lavoro dipendente privato e pubblico, lavoro autonomo, professioni, previdenza integrativa. Regole (diritti e doveri) uguali per tutti : aliquote contributive, età per il diritto alla pensione, sistemi di calcolo, misure che riconoscano riduzioni di età alle lavoratrici.

 

3) Con 15 anni di contributi (compresi quelli figurativi) minimo di pensione di euro 800 mensili annualmente rivalutabili. Partendo dalla base degli 800 euro sommare il rendimento dei restanti contributi. Questa proposta attenuerebbe gli effetti devastanti del sistema di calcolo retributivo.

 

4) Fissare un’età minima a 60 anni per il diritto alla pensione, salvo scelte individuali di rimanere al lavoro. Confermare i 40 anni di contributi , anche se figurativi, per il diritto alla pensione di anzianità. Una riduzione di età non solo per i lavori usuranti ma per quelli disagiati, pesanti,alienanti : ad esempio edilizia, agricoltura, asili nido …

 

5) Ripristino della indicizzazione della pensione sulla base di uno specifico paniere più vicino alle esigenze degli anziani e periodica rivalutazione della pensione agli andamenti salariali.

 

6) Previdenza integrativa. Costituzione di un fondo gestito dall’ Inps con garanzia che quanto viene versato a qualsiasi fondo non può essere eroso dagli andamenti dei mercati finanziari ed in ogni caso dovrebbe garantire un rendimento minimo. La possibilità di unificare quanto versato al fondo integrativo con il monte contributivo e ottenere un unico assegno pensionistico. Avviare la confluenza dei fondi di previdenza integrativa di origine contrattuale nel fondo Inps.

 

7) Garanzia per gli immigrati di poter utilizzare i contributi versati o in Italia o nei loro paesi di origine.

 

È questa una proposta organica che non crea problemi finanziari, che contiene elementi di solidarietà, che rafforza e rende universale il sistema pensionistico pubblico, che riafferma il rapporto diretto tra salario e pensione e soprattutto rinsalda l’unità tra le generazioni.

 

Moretti

 

Data documento: 
Venerdì, 13 Gennaio 2012