1993 - Articolo per Liberazione

PENSIONI - UN COLPO FORTE ALLA SOLIDARIETA' E ALLE CONQUISTE DEL DOPOGUERRA

 

I provvedimenti del governo in materia pensionistica, anche se con gradualità, intaccano il sistema pubblico e solidaristico strappato in anni e anni di lotte.

Con lo sciopero generale nel 1969 fu conquistata quella riforma pensionistica che oggi si vuole smantellare. Tutti i provvedimenti riferiti alle pensioni, alla sanità, alla casa (equo canone), alle privatizzazioni, hanno un fine ben preciso: meno stato e più mercato, meno solidarietà e più fai da te, meno sociale e più privato. Lo Stato, ad esempio, con la svendita dei gioielli di famiglia non solo regale beni pubblici a gruppi finanziari, ma si priva di strumenti di indirizzo, di intervento, di programmazione. Ricordo che la lotta per nazionalizzare l'energia elettrica fu condotta per dare allo Stato uno strumento di intervento nell'economia.

 

Pensioni più basse e più incerte

Il comp. De Toni nel n. 28 di Liberazione illustra con chiarezza i contenuti del provvedimento: innalzamento dell'età pensionabile, aumento dell'anzianità contributiva, sistema di calcolo, unificazione delle normative, aumento della contribuzione, pensioni integrative, blocco dello scatto della scala mobile di novembre. Credo sia chiaro a tutti che con le proposte del governo si andrà in pensione più avanti negli anni e con una pensione più bassa (e non di poco). Tutto ciò spingerà coloro che lavorano da poco tempo o che inizieranno a lavorare a proteggersi (se potranno farlo) con polizze assicurative per integrare la pensione, rendendo felici le compagnie di assicurazione e la Confindustria.

 

Misure odiose

Attualmente se al compimento dell'età pensionabile i contributi versati non permettono di raggiungere il minimo, la pensione viene integrata fino al raggiungimento di £ 577.750 se il singolo non ha un reddito superiore a £ 14 milioni e 600 mila lire circa. Ebbene, con il provvedimento Amato, il reddito non sarà più quello individuale ma dei coniugi. Si sappia che la maggioranza delle oltre sei milioni di pensioni integrate al minimo sono percepite da donne e da anziani del Sud del Paese. Attualmente concorrono a determinare l'anzianità contributiva anche i periodo (contribuzione figurativa) di servizio militare, di disoccupazione involontaria, di cassa integrazione, di maternità, di malattia e di infortunio, ecc. Con il provvedimento Amato viene fissato in tre anni il limite massimo di questa contribuzione per chi sceglie la pensione di anzianità. Colpiti i lavoratori stagionali, gli espulsi dalle fabbriche, le donne e chi durante la vita viene tradito dalla salute.

 

Debole la reazione delle Confederazioni sindacali

Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto sommessamente al governo alcune modifiche quali:

  • il mantenimento a 15 anni del minimo contributivo per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia e l'eliminazione del limite di tre anni della contribuzione figurativa utile per il diritto alla pensione di anzianità;

  • l'introduzione del pensionamento flessibile in ragione del mutato mercato del lavoro e genericamente di una miglior tutela della famiglia e del lavoro femminile;

  • un meccanismo di perequazione automatica delle pensioni alla dinamica retributiva dei lavoratori dipendenti;

  • parametri congrui di rivalutazione della retribuzione pensionabile al fine del calcolo della pensione.

 

Cgil, Cisl e Uil non avanzano proposte in relazione all'età pensionabile, nè agli incentivi e disincentivi; accettano il calcolo sugli ultimi 10 anni di salario e per i nuovi assunti di tutta la vita lavorativa e ciò abbasserà fortemente il livello economico della pensione; non affrontano il problema dei minimi di pensione e accettano che il diritto all'integrazione per quelle inferiori al minimo sia subordinato non solo al reddito individuale ma dei coniugi; non affrontano il finanziamento (divisione tra assistenza e previdenza - agevolazioni alle imprese - quote di finanziamento dalla produzione); non propongono la soppressione dei 47 Enti che erogano le pensioni; apprezzano la scelta di incentivare le pensioni integrative che si generalizzeranno in quanto in futuro la pensione sarà più bassa. Queste pensioni saranno incentivate a carico dello Stato, creeranno vincoli tra lavoratori e aziende e nuovi corporativismi e disparità.

 

Migliorare il sistema pensionistico

Altra è la strada da seguire se si vuole migliorare e salvaguardare il sistema pensionistico pubblico e solidaristico.

Occorre unificare diritti e doveri, i sistemi pensionistici liquidando i 47 Enti erogatori; dar vita a un sistema contributivo che, a fronte dell'evoluzione tecnologica, attinga una quota del fatturato o reddito delle imprese; lo Stato deve assumersi gli oneri assistenziali sopportati dall'Inps; vanno eliminati gli sgravi contributivi o i regali diretti ed indiretti alle imprese, Fiat compresa, va liquidata l'evasione contributiva.

Contemporaneamente va riconosciuto ai pensionati l'aggancio della loro pensione ai salari e migliorati i minimi di pensione: pensioni di 300, 400, 500.000 lire al mese sono una vergogna per uno Stato moderno!

 

Opporsi in Parlamento e nel Paese

Non ci si può limitare - e non solo per le pensioni - a chiedere la correzione di qualche provvedimento. Bisogna organizzare la lotta per bocciare la manovra. E' una manovra che sposta risorse e potere a favore della "razza padrona", che non risana la finanza pubblica, che smantella grandi conquiste di solidarietà, di uguaglianza, di libertà. Lo sciopero generale è la sola risposta adeguata ad un attacco così grave.

Il Comitato Direttivo della Cgil non ha accettato il documento di "essere sindacato" che esprimeva un duro giudizio sulla manovra del governo e proponeva a Uil e Cisl lo sciopero generale.

Cgil, Cisl e Uil hanno comunque avanzato numerose richieste di modifica del decreto e minacciato, se non verranno accolte, lo sciopero generale.

Data documento: 
Venerdì, 1 Gennaio 1993