1993- Articolo per Liberazione

 

1993 A seguito dell'approvazione del DL Amato 30/12/92 n. 503 e per la raccolta firme per il referendum abrogativo

 

La nuova legge sulle pensioni ha già causato una diminuzione delle attuali pensioni rispetto all'aumento del costo della vita, impoverendo milioni di anziani. via via negli anni i lavoratori e le lavoratrici acquisiranno il diritto a pensioni di molto inferiori a quelle attuai e in una età più avanzata. Sono queste le principali conseguenze dell'iniqua legge sulle pensioni voluta dal governo Amato e sostenuta in Parlamento dalla DC, PSI, PSDI, PLI, PRI, Pannella.

 

Chi sono gli attuali pensionati? Quanto percepiscono di pensione?

I pensionati, uomini e donne, sono cittadini della Repubblica Italiana "fondata sul lavoro". Hanno servito la patria in pace e in guerra, hanno lavorato e spesso rischiato la vita nelle fabbriche, nei campi, nei cantieri. Tanto sono stati costretti ad emigrare per poter lavorare. Hanno costruito case, strade, fabbriche, mezzi di trasporto, elettrodomestici, moltiplicato i prodotti alimentari e creato quello che comunemente si chiama "benessere". Anche la scienza, la cultura, i servizi sono conseguenza del loro lavoro perché solo il lavoro materiale e intellettuale crea.

Hanno lottato duramente per lo sviluppo economico, per il diritto al lavoro e allo studio, una sanità giusta, pensioni adeguate, libertà e diritti nei luoghi di lavoro; per la pace, per la democrazia. Sono i nostri genitori o fratelli maggiori.

In Italia 800.000 ultra sessantacinquenni, se privi di reddito, ricevono di pensione poco più di 300.000 lire mensili. Di questi l'85% sono donne. Circa sette milioni di pensionati percepiscono tra le 300 e le 577.000 lire mensili. I titolari di pensione Inps, superiore al milione al mese, sono meno di 500.000 e di questi le donne sono meno di mille. I dipendenti pubblici pensionati hanno una pensione che va da 900 a due milioni al mese.

In Italia le pensioni sono vergognosamente basse. Non consentono a milioni di pensionati di condurre una vita decorosa e in molti casi di essere autosufficienti.

 

Quanto si spende in Italia per la protezione sociale (sanità, assistenza, pensioni?).

La Confindustria, ieri amato ed oggi Ciampi, gli uomini di tangentopoli, sostengono, mentendo in modo spudorato, che il costo del sistema pensionistico (e più in generale della protezione sociale) in Italia è esorbitante, scandalosamente elevato e che i pensionati sarebbero una sorta di roditori affamati che si mangiano il bilancio dello Stato.

Il costo della protezione sociale, dai dati pubblicati dal Ministero del Lavoro, risulta inferiore e non di poco a quello degli altri Paesi Europei. Infatti in Italia si spende il 23% del prodotto interno lordo, mentre in Olanda si spende il 30%, in Germania, Belgio e Danimarca il 28%, in Inghilterra il 25%, Francia il 13,8%. Per le pensioni, in Italia, non si supera la media europea, cioè il 14%, che sconta il mancato introito di 30.000 miliardi di contributi dovuti dalle aziende, ma non versati all'Inps.

 

Cosa cambia con la cosiddetta "riforma" varata dal governo Amato e votata anche dal PRI e da Pannella?

1) Chi ha già una pensione non avrà più diritto alla rivalutazione annuale della pensione in relazione all'aumento medio dei salari. L'adeguamento per l'aumento del costo della vita avverrà con un ritardo di un anno e per il calcolo verrà preso a base, rispetto al passato, un indice più basso, cioè quello del costo della vita e non della ex scala mobile che era più conveniente. Negli anni a venire i pensionati avranno una pensione reale, più bassa, si valuta un meno 3/5% ogni anno.

2) La nuova legislazione avvia la perequazione del sistema pensionistico pubblico con quello privato: uguali diritti e uguali doveri. Il risultato non è il superamento delle anomalie e delle differenze attraverso un miglioramento generale o la eliminazione di privilegi (pensioni baby) o l'unificazione dei 51 Enti che erogano le pensioni, ma la diminuzione della pensione per tutti. Enfatizzando e mistificando l'esistenza di "privilegi" nel Pubblico Impiego hanno messo, complici i sindacati, i lavoratori nel settore privato contro quelli del settore pubblico e gli uni e gli altri contro gli artigiani, commercianti, contadini. Risultato: la pensione sarà più bassa per tutti.

3) La nuova legislazione non affronta la questione della contribuzione, cioè le entrate necessarie per un moderno sistema pensionistico. Le nuove norme si limitano ad aumentare l'aliquota contributiva (+ 0,8%) a carico del lavoratore. Ma in una società che evolve e dove pochi lavoratori riescono a produrre una quantità crescente di merci (e di utili, per non dire profitti) può continuare un sistema contributivo a basarsi sui soli salari corrisposti? E' il lavoro passato incorporato nei mezzi di produzione (macchine, tecnologie, etc.) che permette, ripetiamo, a pochi lavoratori di produrre crescenti quantità di merci.

Si tratta allora di recuperare quote di "valore aggiunto" o di "utili" (profitti) attraverso il prelievo fiscale per destinarlo alle pensioni. E' opportuno non dimenticare che in Italia i padroni non pagano, lo dice l'Inps, contributi previdenziali per almeno 30.000 miliardi.

Si sappia che i padroni non pagano i contributi dovuti ma godono di sgravi fiscali: circa 3.000 miliardi se le loro aziende operano nel Sud o in certi settori produttivi (tessile, ecc.). Utilizzano a man bassa la cassa integrazione e i prepensionamenti. La sola Fiat in un anno ha lucrato (rubato) quasi 30 miliardi.

Un'altra verità: i mezzi finanziati per le pensioni e per pensioni migliori ci sono oggi e ancor più ci saranno domani. Questo del deficit è un argomento ignobile, usato per giustificare i tagli.

4) La nuova legislazione, sono calcoli dell'Inps, del Cnel e del Ministero del Lavoro e del Tesoro, provocherà una riduzione della pensione rispetto a quelle attuali del 35/40% per chi inizierà a lavorare ora o che lavora da pochi anni; una riduzione minore, ma sempre riduzione, per chi andrà in pensione nei prossimi anni. Cambia infatti il sistema di calcolo: per il calcolo delle pensioni per i lavoratori nuovi assunti o assunti da poco tempo, vengono prese a base le retribuzioni dell'intera vita lavorativa e per coloro che hanno almeno un'anzianità di lavoro di 15 anni quelle degli ultimi 10 anni e non più degli attuali 5 anni.

In Italia si va a lavorare sempre più tardi (25-30 anni) e quando si trova lavoro spesso è lavoro saltuario o stagionale.

I bassi salari, specie nei primi anni di lavoro e pochi anni di lavoro pieno, sono la micidiale miscela che porterà ad aver diritto ad una pensione sempre più bassa.

5) L'età per aver diritto alla pensione passa obbligatoriamente da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini. Non si lascia nemmeno la libertà di scegliere se andare in pensione a 55 o a 60 anni se donne e 60 o 65 se uomini.

Si dice "ma la vita media è aumentata, allora..." Ma chi farà posto ai disoccupati? Ma perché morire sul lavoro di vecchiaia! Si muore già in troppi di infortunio e di malattie legate all'organizzazione del lavoro (3.000 morti e 1.200.000 infortunati nel 1992).

Della "qualità della vita" tutti ne sono propagandisti e paladini, ma poi varano leggi che obbligano ad andare in pensione sempre più tardi.

6) Per aver diritto alla pensione di vecchiaia sono necessari non più di 15 anni di contributi, ma 20. Non riusciranno ad ottenere la pensione tanti lavoratori precari e stagionali ed in particolare le donne che sono le prime vittime della disoccupazione. Negli ultimi 6 anni l'Inps ha riconosciuto la pensione di vecchiaia a 1.456.000 lavoratori che hanno compiuto l'età pensionabile (60 o 55 anni). Ebbene, di questi, ben 526.000, il 36%, non raggiungeva i 20 anni di contributi e la maggioranza, oltre il 60% (373.000) sono donne.

7) La nuova normativa, quella imposta dal governo Amato, impone dei vincoli che solo una mente cinica nei confronti dei poveri e meno protetti, poteva concepire. E' noto che circa la metà delle pensioni erogate dall'Inps sono al minimo: 577.000 lire mensili. Per raggiungere questa somma, questi sette milioni di pensionati,. per l'80% donne, vengono integrate con una quota in quanto la contribuzione è insufficiente. Fino a ieri non aveva diritto all'integrazione chi possedeva un reddito proprio, oltre la pensione superiore a lire 1.155.000 mensili. Oggi nel reddito va conteggiato anche quello del coniuge. Per gli emigrati, quelli italiani costretti a cercare lavoro all'estero e che hanno inviato per tanti anni valuta pregiata in Italia, il diritto alla pensione è subordinato ad un minimo di 5 anni di lavoro in Italia, prima era di un anno. Per la pensione di anzianità poi non sarà più possibile conteggiare l'intera contribuzione figurativa, cioè i periodi di servizio militare, la maternità, la malattia ecc., ma solo 5 anni.

 

Per tutti la pensione integrativa

La nuova legislazione pensionistica ha raccolto gli applausi della Confindustria e dei gruppi finanziari e assicurativi. Il peggioramento del sistema pensionistico costringerà i lavoratori a ricorrere alla pensione integrativa.

Chi può s faccia la sua pensione e chi non può si arrangi! Se quanto si verserà per la pensione integrativa fosse versato all'Inps le pensioni aumenterebbero almeno del 30%. Non solo, ma chi garantirà i versamenti dei singoli ed il rendimento del versato? Si vogliono costruire fondi per le pensioni integrative attraverso norme contrattuali, utilizzando la quiescenza (liquidazione), quindi assisteremo ad un'altra decurtazione del salario. Con i fondi integrativi gestiti dal sindacato e dai padroni si costruisce un'altra gabbia che limiterà la libertà di iniziative e le lotte dei lavoratori. E' un altro passo sulla strada dell'individualismo, della cogestione, della divisione dei lavoratori.

 

In conclusione

La nuova legge sulla sanità e quella sulle pensioni, oltre alle iniquità, tagli e ferite che provocano, danno concretamente un colpo mortale al sistema pubblico e solidaristico della protezione sociale costato anni e anni di lotte e sacrifici; rompono il legame tra chi lavora e chi diventa pensionato, aprono le porte al privato, al fai da te...

Riappropriamoci con la lotta e con il referendum dei nostri diritti. Smettiamo di farci derubare, complice la TV che spaccia scientemente menzogne di cui spesso di abbeveriamo, ammantate come sono di "senso comune" e di stereotipi patinati.

Per smantellare le misure pensionistiche imposte dal governo Amato occorre una firma per abrogare:

  1. l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne

  2. il calcolo della pensione fatto su tutta la vita lavorativa

  3. il veto all'aumento automatico delle pensioni

  4. l'elevamento a 20 anni del minimo contributivo per la pensione di vecchiaia

  5. il cumulo col reddito del coniuge che nega l'integrazione al minimo.

 

Questa tua firma, unitamente a quella per abrogare le norme in materia sanitaria, contribuirà a riconquistare un moderno sistema di protezione sociale, pubblico e solidaristico.

 

Le proposte di Rifondazione Comunista per un nuovo e moderno sistema pensionistico sono:

  • volontarietà nel scegliere l'età del pensionamento: 55 o 60 se donne, 60 o 65 se uomini

  • totale parificazione delle normative del settore privato e pubblico

  • aumento dei minimi o assegno sociale

  • aggancio delle pensioni al costo della vita e alla dinamica salariale

  • criteri analoghi a quelli precedenti la nuova legge per il minimo di anzianità contributiva e il calcolo della pensione

  • prelievo, oltre l'attuale contribuzione, sul valore aggiunto o utili aziendali.

 

 

Data documento: 
Mercoledì, 13 Gennaio 1993