1991 - Articolo per Rassegna Sindacale

DONNE - PENSIONI - PARITA'

Le donne, al di là della parità, formalmente codificata dalle leggi, sono penalizzate anche quando vanno in pensione, eppure hanno lottato per la parità e per difendere conquiste e diritti sociali e civili che vengono rimessi tante volte in discussione.

Le pensioni erogate dall'Inps alle ex lavoratrici (dipendenti, artigiane, coltivatrici, commercianti) sono circa otto milioni quelle delle ex dipendenti sei milioni circa. Ci riferiamo alle pensioni di vecchiaia e anzianità, di invalidità e ai superstiti.

L'importo medio delle pensioni per gli uomini è di circa 900.000 lire, per le donne di 600.000 lire. Tra i pensionati che percepiscono più di 1.200.000 lire mensili le donne sono praticamente sconosciute.

Le pensioni sociali, le più modeste, da 300 a 400.000 lire mensili se solo si è compiuto i 65 anni e se si è praticamente privi di reddito, sono per l'84% percepite da donne: è la pensione dei poveri.

In agricoltura e nel commercio le pensioni al femminile sono il doppio di quelle degli uomini a conferma che l'occupazione femminile è più estesa nei settori merceologici dove più forte è il precariato, la stagionalità. L'anzianità contributiva riferita alle pensioni di vecchiaia è mediamente sui 30 anni per gli uomini e 20 per le donne. Le pensioni integrate al minimo, in quanto i contributi versati non permettono di raggiungere le 580.000 mensili, sono in gran maggioranza percepite da donne.

Sono dati che parlano un linguaggio amaro e dovrebbero porre qualche problema in primo luogo al sindacato e più in generale ai movimenti femminili. Il congresso della Cgil impegnato a definire il nuovo sindacato dei diritti e della solidarietà, una decisione l'ha assunta ed è quella di rivendicare per le donne l'elevamento dell'età per la pensione di vecchiaia a 60 anni come lo è per gli uomini. La politica delle pari opportunità e della parità auguriamoci che per la Cgil non significhi solo mandare più tardi in pensione le donne.

Sappiamo tutti che il vero primo problema è quello dell'occupazione: il lavoro, la sua durata, il tipo di lavoro, la sua remunerazione. Dipende infatti dal numero degli anni di contribuzione e dall'entità del salario percepito l'importo della pensione. Ma il problema dell'occupazione rimane grave, anzi con la smobilitazione di numerose fabbriche si sta aggravando, con ovvie conseguenze, anche la pensione. Altri fattori oggi e ancora per lungo tempo condizioneranno l'occupazione (quantità, qualità) della donna: l'organizzazione del lavoro, la carenza dei servizi socio-sanitari, la famiglia, la maternità, la cura dei figli e degli anziani ed anche il permanere di certe mentalità.

Questo delle pensioni è o no un fatto importante? Cosa succederà con la proposta di legge dell'ex sindacalista ed ora ministro del lavoro Marini? Quella legge non prevede solo l'aumento dell'età pensionabile, ma il calcolo della pensione sui contributi versati negli ultimi 10 anni di lavoro. Quante sono le donne che lavorano ad un'età da 50 e 60 anni? Inoltre prevede che il riconoscimento del minimo di pensione, qualora vi sia una contribuzione insufficiente, la cosiddetta “integrazione al minimo”, sia concessa non sulla base del reddito personale ma coniugale e che l'integrazione delle attuali pensioni al minimo si a cristallizzata e si sa che le pensioni al minimo si chiamano donna. E' quello del democristiano Marini un provvedimento che colpisce, in particolare, le donne, sia quelle pensionate, sia quelle che andranno in pensione.

Nessuno parla delle pensioni in campagna elettorale? Hanno ben altro per la testa!

Un'ultima osservazione: quando tira un vento moderato e di destra e si mettono sotto accusa i lavoratori, si attaccano i contratti, i salari, la scala mobile, lo stato sociale, i diritti civili, a pagare per primi sono gli strati sociali più deboli ed in questa società le donne lo sono come condizione e come diritti.

Sante Moretti

v/Presidente Inca Nazionale


Già quando ricopriva il ruolo di vice presidente dell'Inca Nazionale, Sante si batteva per il diritto alla pensione equa e dignitosa, soprattutto per le donne. Questo articolo fu scritto per Rassegna sindacale presumibilmente nel 1991.

Data documento: 
Martedì, 1 Gennaio 1991