1975- Intervento scritto

"LA FEDERBRACCIANTI OGGI" 

Possiamo dire con orgoglio che la Federbraccianti è un sindacato impegnato nelle lotte economico-sociali e per cambiare la società, per la difesa della democrazia e nell'azione di solidarietà internazionale.

E' un sindacato che si pone con forza l'obiettivo di costruire una testa della categoria, sempre più numerosa di lavoratori stabilmente occupati, di lavoratori ad alta specializzazione, di tecnici, di impiegati pubblici e privati.

La valorizzazione delle figure più specializzate, più tecnicamente preparate, la piena occupazione, sono la condizione per aprire una prospettiva ai giovani e per impegnarli nell'opera di rinnovamento dell'agricoltura stessa.

Cogliere le specificità di questi gruppi di lavoratori (oggi sempre più massa e decisivi), superare vecchie remore e settarismi verso gli impiegati considerati – e a volte con ragione – bastone del padrone o braccio del governo significa creare la condizione di una unità con tutta la massa dei braccianti disoccupati e semi occupati, fare più forte la categoria.

L'unità della categoria si realizza innanzitutto sulle politiche, ma anche nei luoghi di lavoro, nella Lega, nelle nuove strutture unitarie categoriali e confederali, per combattere più facilmente contro i padroni e verso il governo, una grande battaglia per un'avanzata della condizione di tutta la categoria e del mondo del lavoro, per un'agricoltura moderna e una diversa società.

E' un sindacato che ricerca l'unità con i contadini e le loro organizzazioni, anche se a volte il bracciante è un dipendente dei contadini.

E' superato il tempo dello sciopero contro tutti: agrari e contadini. I problemi dell'agricoltura, per merito delle confederazioni, sono divenuti questioni organiche dei problemi economici del Paese, una delle priorità. Per questo i braccianti, a stretto contatto, spesso in parte contadini, operano concretamente con i contadini e le loro organizzazioni per superare la crisi dell'agricoltura, per la remunerazione del loro lavoro (prezzi, mezzi tecnici, collocazione e prezzi dei prodotti) per lo sviluppo dei settori produttivi (oliveto, vigneto), bietole, agrumeto, forestazione, difesa del suolo, per ampliare la cooperazione e l'associazionismo.

E' un sindacato che cerca momenti di unità con tutte le forze sociali, a cominciare dai contadini, compreso quelle della cultura che, specie nei centri medi e piccoli, passano dalle scelte politiche e dall'iniziativa dei braccianti per trovare un punto di riferimento e di risposta ad esigenze materiali, ma anche morali e di progresso.

L'unità, le convergenze con le forze sociali e con le loro organizzazioni, dove esistono unitamente a un confronto con le forze politiche e quelle istituzionali, rafforzano concretamente il ruolo autonomo di un tessuto democratico, di crescita politica e culturale. E' noto poi che le strutture della Federbraccianti si confondano e fondano con quelle della Cgil. Nei centri minori Lega e Camera del Lavoro spesso sono la stessa cosa, cioè la “casa dei lavoratori”. E' un sindacato totalmente confederale in quanto riconosce il primato delle politiche e delle scelte organizzative ieri della Cgil e oggi della Federazione Unitaria.

Ed è con questa visione che noi lavoriamo per azioni comuni sempre più ampie e qualificate, con tutti i comparti del movimento operaio ed in particolare con quelli che producono i mezzi necessari all'agricoltura o che ne trasformano i prodotti. Perseguiamo non solo la solidarietà ma anche l'organizzazione di iniziative e lotte comuni sulle politiche di occupazione, di sviluppo, di difesa della democrazia ma anche per nuove strutture i “consigli di zona” in cui il primato confederale, quindi gli interessi della classe in senso generale, prevalgono su quelle categoriali o professionali.

Fare ancora più forte la Federbraccianti significa dare un più grande contributo alla lotta del sindacato per l'occupazione, le riconversioni, gli investimenti, l'uso delle risorse e il mutamento della qualità dei consumi. Una scelta questa che richiede un'alta coscienza di classe e una rigorosa coerenza delle politiche e delle rivendicazioni categoriali con quelle generali perchè è una scelta che cambia la società.

Del resto i lavoratori si uniscono nel sindacato per essere più forti. E noi siamo un sindacato dei lavoratori, non per i lavoratori, che è impegnato sui problemi concreti, specifici di categoria ma che opera per chiarire le cause dello sfruttamento ed eliminarlo, per crescere la coscienza dei lavoratori, per migliorare non solo le condizioni materiali ma per affermare la dignità, la più ampia libertà in Italia e nel mondo, non solo forme di solidarietà e lotta tra le categorie a livello nazionale, ma solidarietà e lotta a livello internazionale ed emblematico. Questo è l'impegno profuso dalla Federbraccianti ieri per il Vietnam e oggi per la libertà della Spagna.

 

L'unità sindacale. - Oggi, se vogliamo che queste linee ed idee, se vogliamo che le politiche confederali avanzino e vincano, abbiamo bisogno di accelerare il processo di unità sindacale, un processo che ha compiuto grandi passi avanti e che le forze moderate, esterne ed interne al sindacato ed il padronato, non hanno fermato.

Da un accordo politico fra Pci-Psi-DC nasce, nel 1944, la Cgil, una confederazione a matrice partitica ma non di un solo partito.

La scissione viene consumata nel 1948 e 1949, il pretesto è lo sciopero politico per l'attentato a Togliatti. Ma il vero motivo è che si è rotta tra i partiti l'unità (CLN) cresciuta nella Resistenza, che si è rotta l'alleanza tra le nazioni che avevano condotto la guerra al nazifascismo. L'Italia entra nell'area atlantica e si schiera nella trincea della guerra fredda nei confronti dei paesi socialisti. I comunisti e i socialisti sono cacciati dal governo.

Il capitalismo italiano, le forze politiche moderate e anticomuniste e antisocialiste, con l'intervento americano (piano Marchal) mettono un segno preciso al tipo di ricostruzione e sviluppo economico e politico del Paese.

A chi, all'indomani della scissione, chiese a Di Vittorio: “e ora che farete?”.”Lavoreremo per ricostruire l'unità” fu la risposta.

Abbiamo già accennato all'asprezza delle lotte ed anche alla difficoltà del movimento sindacale ma, pur in trincea, negli anni '50/'60 la Cgil ha tenuto (anche se gli iscritti erano scesi a 2 milioni) nei confronti dei padroni, nella difesa della democrazia e della libertà (Scelba, Tambroni, la legge truffa non sono solo nomi, ma periodi, pezzi di storia).

Sin dal suo nascere la Fisba/Cisl cerca di collocarsi in posizioni nettamente anticomuniste. Cerca di copiare l'esperienza della Coltivatori diretti, attraverso l'assistenza, l'antioperaismo e una chiusura corporativa. L'obiettivo è fare dei braccianti una riserva di voti per la DC e una forza moderata. L'obiettivo è quello di bloccare le lotte per la terra e il lavoro: assistenza da un lato e dall'altro abbandono di ogni idea di riforma agraria, di unità con i contadini e sostegno allo sviluppo capitalistico dell'agricoltura. Il processo successivo è noto, di esso vorrei solo sottolineare alcune caratteristiche: dopo il 1960 le nuove leve che entrano nelle fabbriche (diventiamo una nazione industriale), mal sopportano la divisione e lo sfruttamento, non capiscono le ragioni della scissione, non l'hanno vissuta.

Avanza, intanto, nel mondo un processo di distensione ed anche in Italia cadono certi steccati anticomunisti e si avvia l'esperienza del centro-sinistra.

Si esperimenta l'unità di azione che paga subito, che avvia un processo che troverà un grande ed esaltante momento nell'autunno del 1969 da cui nasce una spina verso l'unità sindacale organica. Ma la spinta di base non sarebbe stata sufficiente se in Italia non fossero venute maturando, anche nei partiti della sinistra, concezioni diverse sul ruolo del sindacato, ossia il principio dell'autonomia sindacale.

Il Pci supera, nei confronti del sindacato, la concezione della “cinghia di trasmissione” e matura una linea di cui il pluralismo e l'autonomia degli organismi devono stare alla base di una democrazia avanzata.

Il Psi non si pone l'obiettivo di costruire un sindacato di partito come negli altri paesi europei dove è forte la socialdemocrazia, nei fatti accetta il principio dell'autonomia del sindacato.

Più travagliato è il processo nella Uil e nella Cisl proprio perchè, al di là dell'autonomia della Cisl, più difficile è portare avanti politiche unitarie che mettono in discussione gli indirizzi economici e di gestione della società portati vanti dalla DC e dal Psdi nel dopoguerra.

Nella Cisl e nella Uil il processo verso l'unità sindacale pur avanzando incontra resistenze, momenti di crisi alti e bassi sino (nel 1975) al pericolo che nella Cisl possa determinarsi una scissione. E' difficile dire che cosa ha rappresentato il voto del 15 giugno per l'unità sindacale, è certo che la scissione non c'è stata e il processo unitario continua.

Nel settore bracciantile il processo unitario incontra particolari difficoltà. Sartori, il segretario della Fisba/Cisl è uno dei leader della minoranza che con più accanimento si batterà per impedire l'unità sindacale, per riaffermare i valori originari della Cisl del 1948. Il Comitato esecutivo il 26 luglio ha voluto sottolineare che per la Fisba/Cisl il 15 giugno segna una battuta d'arresto nella tendenza democratica anche per la metodologia permissiva adottata dal movimento sindacale nelle sue manifestazioni e nelle sue lotte.

Sartori organizza nella Fisba circa 320000 lavoratori, di questi circa 270/280000 sono nel Sud. E il Sud, come si sa, è una sorta di vander contro l'unità sindacale che coinvolge anche le strutture orizzontali della Cisl. Ma noi sappiamo che non ci potrà mai essere una unità sindacale “monolitica”. All'interno del nuovo sindacato si misureranno uomini con una doverosa formazione ideale e ideologica, portatori di interessi diversi, di esperienze e di culture diverse. E dobbiamo anche sapere che, nel processo di unità sindacale molto è affidato alla base, ai lavoratori ma molto sarà deciso anche dai gruppi dirigenti, non solo ma il processo sarà influenzato dall'evolversi della situazione politica economica, sociale, morale del Paese.

Quando parliamo della Fisba parliamo di realtà temporali, modificabili. Ciò dipende molto dal nodo come i lavoratori vengono coinvolti nelle politiche e negli strumenti e nelle strutture necessarie per realizzarli. La Fisba non è un blocco monolitico e non è concepibile che 300000 persone seguano Sartori senza riflettere, per sole ragioni assistenziali, di abitudini, di pigrizia. Una parte quanto grande, è difficile da valutare, certamente più estesa tra i quadri intermedi, è contraria all'unità sindacale, alle politiche confederali. Negare questo dato di fatto sarebbe sbagliato come pure non coglier le novità, i sintomi che si verificano in organizzazioni, in strutture e in particolare tra i lavoratori.

Ci pre di poter affermare ora che la scelta della Fisba (di scissione nella Cisl on si parla più dopo l'emarginazione di Scalia) è quella di reparto organizzato contro l'unità dentro la Cisl e punto di riferimento di tutti gli anti unitari esterni alla Cisl.

Quello che più colpisce e preoccupa è il tentativo del gruppo della Fisba di “sostituire” la Bonomiana – mano della DC – nelel campagne di fronte a novità e riflessioni sui rapporti tra le organizzazioni contadine e con quelle operaie in atto nella Coldiretti. Del resto, da qualche tempo, non è più l'autonomia e l'incompatibilità l'argomento fondamentale della dirigenza Fisba contro l'unità, ma quello del comunismo e della difesa dei presupposti e degli obiettivi della Cisl degli anni '50.

Ma dobbiamo anche ricordare che:

  • la Fisba è rientrata negli organismi della Federazione e da essa sarà comunque condizionata

  • non solo sulle politiche contrattuali ma sui temi dello sviluppo e dell'agricoltura è costretta a realizzare importanti intese

  • durante le lotte estive, in molte province, i delegati aziendali, le Leghe, le Federazioni unitarie provinciali, hanno diretto le lotte superando non solo la sigla, ma i freni e l'autonomia di organizzazione

  • intese unitarie sull'elezione dei delegati, per far vivere le Federazioni unitarie, per la partecipazione dei rappresentanti della categoria ai consigli di Zona, la non concorrenza, ecc. sono pratica comune in diverse province.

A fronte di queste realtà con grande attenzione, coraggio ed anche spregiudicatezza noi dobbiamo operare per allargare la base del consenso all'unità, per realizzare esperienze anche forzanti. Ma soprattutto per coinvolgere e rendere i lavoratori responsabili e quindi protagonisti dell'unità sindacale.

E' pure necessario pretendere che tutte le strutture confederali unitarie si impegnino a generalizzare le scelte unitarie e a renderle “obbligatorie” per tutti. C'è un ricca esperienza in corso al Centro-Nord in materia di delegati, si Zone sindacali, di attività di patronato, di strumenti sindacali. C'è un dibattito qualche, anche se isolata, esperienza al Sud. Ebbene, come tutto ciò che avanza viene colto e la categoria e le nostre strutture vengono coinvolte?

Ci pare di poter dire che, delegati aziendali e territoriali, Zone sindacali, patti federativi a tutti i livelli, siano campi su cui sono possibili nuove e positive esperienze.

Ma è poi vero che tutte le nostre organizzazioni, le strutture, gli iscritti, sono decisi e convinti assertori della scelta dell'unità e di ciò che comporta nel lavoro, nel comportamento alla Federbraccianti?

Certamente permangono forme di settarismo sul processo unitario, pigrizie nella ricerca e nella realizzazione di un lavoro unitario. Non solo, accettiamo la delega dal lavoratore e operiamo sulla sua testa, certamente meno durante le lotte, ma le accettiamo in particolare nella gestione del salario differito e nella vita del sindacato.

Avanzando noi con un grande processo di rinnovamento e di crescita democratica, cambiando quindi profondamente anche il nostro modo di “essere sindacato” aiuterà a cambiare profondamente gli altri sindacati e daremo un prezioso e positivo contributo alla realizzazione dell'unità sindacale.

 

I problemi dell'organizzazione: assemblea e partecipazione. - Ci sono ragioni oggettive, quali i difficili rapporti unitari, la disperazione della categoria in migliaia di comuni e frazioni, in centinaia di migliaia di aziende, l'età, la stagionalità, che rendono non facile l'organizzazione della partecipazione dei lavoratori alla vita del sindacato. Ma questa realtà non può non pagarci. Anzi siamo sempre più convinti che è necessario accrescere la democrazia e la partecipazione per dare una risposta precisa ai grandi problemi che investono la società. Vanno colte le novità che investono non solo le pratiche sindacali ma anche gli avanzamenti di coscienza e di rinnovamento emersi con il voto del 15 giugno, le posizioni nuove che nelle campagne hanno assunto le organizzazioni contadine e persino elementi di differenziazione presenti nelle organizzazioni della Confagricoltura. Un sindacato più partecipato dove i lavoratori contino sul serio, non è coerenza siano portate vanti le politiche delle confederazioni, guidate le lotte, rafforzato il processo di unità sindacalese vogliamo che le conquiste realizzate nell'estate dalla categoria si concretizzino in risultati e lotte ancora più avanzate.

Ma la partecipazione e la democrazia non sono un fatto “generico, volontaristico” vanno organizzate in tutte le loro fasi ed espressioni, utilizzando tutte le possibilità che i diritti sindacali offrono.

L'assemblea va considerata strumento permanente di democrazia organizzata, cioè di informazione, di dibattito, di formazione e definizione delle decisioni, va organizzata sul luogo del lavoro, nell'orario di lavoro (sono previste 12 ore pagate dall'art. 47 del patto nazionale e vi possono partecipare i dirigenti esterni del sindacato); si utilizza appieno questo diritto?

All'assemblea partecipano anche gli avventizi, o solo i fissi. Se non partecipano gli avventizi è un'assemblea monca.

Lo sforzo, intanto, da compiere è che le assemblee siano convocate unitariamente su precisi ordini del giorno, per discutere non solo dei problemi e delle iniziative aziendali (gestione/vertenze) ma delle politiche e degli obiettivi complessivi del sindacato. L'assemblea di azienda rappresenta il primo momento di unità della categoria (fissi e stagionali), di unità sindacale e democrazia di base.

Ma sappiamo che l'assemblea di azienda non riesce mai a coinvolgere tutti i lavoratori in quanto si svolge solo in aziende con un certo numero di dipendenti (ci sono esperienze di assemblee internazionali) ma non ignoriamo che la grande maggioranza dei lavoratori opera in aziende coltivatrici, o è in quel periodo disoccupata. Nasce perciò l'esigenza da un lato di conquistare nei contratti il diritto all'assemblea livello di territorio e dall'altro di ridare valore all'assemblea di Leghe, perchè nella Lega si devono affrontare i problemi della vita del sindacato.

L'assemblea di Lega deve discutere e decidere se vogliamo che i lavoratori siano protagonisti, che contino. Va perciò gestita in modo nuovo: meno comizi, meno esortazioni, più problematiche. Sarebbe poi decisivo per una svolta nel processo unitario riuscire in centinaia di Leghe, specie nel Sud, ad instaurare il metodo dell'assemblea unitaria o per lo meno affermare il principio dell'assemblea aperta. Strumento importante di democrazia è anche la consultazione che, comunque, per essere reale deve trovare nell'assemblea la sua sede naturale.

 

Figure del potere sindacale e strutture di categoria. -

I contratti, come è noto, prevedono la possibilità (art. 44 patto nazionale) di eleggere, nelle aziende con più di 5 dipendenti, un delegato aziendale per ogni organizzazione, in quelle con più di 75 un secondo delegato.

I delegati possono essere lavoratori fissi o avventizi eletti dentro o fuori dall'azienda.

Da un'analisi (dati relativi al 1974) risulta che son 10753 le aziende che pagano allo Scau i contributi di legge per oltre 1500 giornate di lavoro per salariati e braccianti, comprese quelle a partecipazione statale e le cooperative.

Intanto c'è un problema di fondo, al di là delle dimensioni dell'azienda, della qualità di profitto, dell'entità dell'organico ed è che gli agrari vanno combattuti e contestati per quello che rappresentano come classe, come freno allo sviluppo, come conservazione e parassitismo, quindi per la politica che portano avanti. Elezione dei delegati in tutte le aziende, ecco un primo importante momento di organizzazione della partecipazione. Del resto il delegato, che non può rimanere chiuso nell'ambito angusto dell'azienda, è decisivo per una corretta gestione dei contratti, per l'unità dei fissi e degli investimenti; è indispensabile per dare autorità al sindacato e forza alle politiche territoriali. Conosciamo la posizione negativa della Fisba, ma l'assemblea dei quadri della Cisl a Napoli ha riconfermato che la “struttura unitaria sindacale di base è quella dei delegati” e che “ogni delegato va eletto per gruppo omogeneo, composto da un piccolo numero di lavoratori, con voto segreto e su scheda bianca”.

Nei casi di polverizzazione occupazionale (la nostra realtà) si pone il problema dell'elezione dei delegati anche per area territoriale.

A questo fine credo che vadano fatte esperienze più decise nell'elezione dei delegati avventizi, di delegati a livello di territorio per più aziende con pochi dipendenti. Si può arrivare ad una struttura di delegati che non sostituisca la Lega ma ne muti il peso e in parte la funzione.

Il delegato oltre a protezioni particolari può godere di permessi retributivi cumulabili (3 re mensili retribuite – 8 ore non retribuite). Come li utilizza i permessi il sindacato provinciale? Nasce di qui un'esigenza di una sistematicità dell'assemblea dei delegati e di una loro funzione, come dirigenti e non solo come altoparlanti del sindacato in azienda. Attualmente la Federbraccianti ha eletto o nominato circa 6000 delegati, ma nel Mezzogiorno siamo assenti in oltre il 70% delle aziende. Un obiettivo immediato è perciò quello di eleggere il delegato in tutte le aziende.

Ovunque dobbiamo batterci per l'elezione unitaria dei delegati, superando la nomina e operando affinchè le componenti sindacali siano tutte presenti occorre rompere il muro fisso di delegati per ogni organizzazione e per dimensione di azienda. Il metodo dell'elezione, con la partecipazione di tutti i lavoratori iscritti o no alla Federbraccianti va definitivamente affermato, con più coraggio.

Contemporaneamente è giunto il momento di forzare per la costituzione dei consigli unitari dei delegati in molte province in alcuni settori (forestali, allevatori, consorzi) e nelle aziende di gruppo a partire da quelle a partecipazione statale. E' questa una scelta da compiere fino in fondo anche e, per dare pienezza di poteri ai delegati, dovremo sacrificare strutture tipiche del sindacato.

Anche le strutture tipiche del sindacato (cioè CD di Lega, di Zona,, provinciali e gli attivi) vanno rilasciate. La buona abitudine di tenere annualmente il congresso di Lega (previsto anche dallo statuto) va scomparendo. L'elezione e il voto segreto nell'elezione dei capilega e del CD di Lega va estinguendosi. In generale i CD si riuniscono poco, a tutti i livelli e in particolare a livello di zona. Quello del funzionamento degli organismi è un fattore decisivo per organizzare la partecipazione e la vita democratica del sindacato. Un modo anche per responsabilizzare il compagno, per valorizzarlo, per farlo crescere, per rifiutare la delega.

La nostra categoria poi, sempre contrattualmente (art. 49) ha il diritto di costituire le commissioni contrattuali intercomunali paritetiche con compiti di intervento nelle aziende, sugli investimenti e verso il potere pubblico. Ancora, la legge 83 sul collocamento prevede la costituzione di commissioni comunali nel collocamento composte in maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori.

E' questo un insieme di strumenti che se ben utilizzati possono accrescere enormemente il potere sindacale e anche, attraverso il loro esercizio, costituire un eccezionale fatto democratico, di partecipazione e di unità.

Dopo diversi anni di esperienza e a difficoltà consistenti nel far operare la commissione, è necessario una riflessone non solo sui loro compiti ma anche sulla loro struttura e sulla dimensione del territorio loro affidato che va sempre più riferito a quello dei comprensori e delle Comunità Montane. Ma anche per le commissioni è decisivo superare la nomina, eleggerle.

I consigli di zona sono la struttura che deve dare solide basi alle politiche delle confederazioni, coerenza, articolazione e continuità alle lotte, sostegno di masse non operaie agli obiettivi dello sviluppo e al cambiamento della società; sono la struttura, fuori della fabbrica e dell'azienda del sindacato unitario che stiamo costruendo.

Di questa scelta, mi pare, vada sottolineato il valore in quanto tende a superare il corporativismo che è presente in ogni categoria.

La scelta dei consigli è una scelta di autonomia del sindacato è un contributo alla crescita della democrazia per affermare invece il primato delle politiche confederali e quindi della classe.

La Zona rappresenta poi una via per accrescere la solidarietà intercategoriale, per far avanzare il potere sindacale nella società. Ma il consiglio zonale può divenire anche un grande centro di elevazione civile, sociale, culturale e di democrazia che riesce, quale struttura territoriale unitaria, ad agire sul complesso dei problemi che interessano non solo la classe operaia, ma anche i disoccupati, la povera gente, determinati ceti professionali e persino la piccola e media imprenditorialità. Vogliamo che i consigli diventino concretamente, nella realtà di oggi, quello che in passato sono state le Camere del Lavoro.

Attualmente i consigli zonali unitari costituiti sono meno di 300 di cui solo poche unità nel Mezzogiorno. Sono strutture che stentano ad affermarsi ed estendersi, certamente per le resistenze frapposte da parte delle forze sindacali moderate, infatti nel Sud la Fisba è più forte ed inoltre vi operano sindacati di comodo, faccendieri, che indeboliscono la partecipazione dei lavoratori alla vita del sindacato, ma anche, specie al Sud, per un orgoglio e un patriottismo di organizzazione che è presente in tutte e tre le confederazioni e nei singoli sindacati di categoria.

Per accelerare la costituzione dei consigli si debbono affrontare alcune questioni con decisione: il problema della costruzione dei consigli di zona è un problema squisitamente politico; noi dobbiamo contribuire a liberarlo dagli impacci categoriali, specifici delle singole strutture sindacali e più concretamente a fronte della costituzione di un consiglio unitario zonale è necessario che sia presente nel consiglio anche il funzionario di zona della Federbraccianti e questo spingerà la stessa Fisba e Uisba a fare altrettanto. Il consiglio è la nuova struttura sindacale a livello di Zona, ha in se quindi tutte le potenzialità per determinare la liquidazione e la trasformazione delle stesse vecchie strutture del sindacato.

Nelle fabbriche, la svolta verso i consigli si è verificata quando la Cgil ha deciso l'eliminazione delle commissioni interne. Anche qui si deve avere il coraggio di procedere all'estinzione, laddove si creano i consigli delle Camere del Lavoro.

E' noto che l'impostazione politica delle confederazioni per la costruzione dei consigli impone il superamento da un lato delle concezioni corporative o categoriali per privilegiare le politiche dell'occupazione, dello sviluppo e dall'altro sollecita la costruzione dell'unità sindacale.

Con la formazione dei consigli chiaramente vanno affrontate, specie nel Mezzogiorno, le forme di articolazione del sindacato a livello di comune e di grandi borgate. Se per il settore industriale è sufficiente che il consiglio si raccordi con il cantiere o la fabbrica, per l'agricoltura e per le altre categorie sparse nel territorio oltre che con i delegati aziendali è necessario si raccordi con il territorio, quindi occorre una strumentazione unitaria a livello di territorio.

Nella formazione dei consigli non possono esserci prevalenze, né esclusioni. Siamo contro a chi per realizzare questa esperienza, pone veti o vincoli, anzi siamo perchè si operi affinchè anche le forze meno unitarie siano presenti ed abbiano un ruolo nel consiglio: non è accettabile che la Fisba ne resti fuori o vi partecipi solo formalmente.

La costituzione nei consigli di Zona deve diventare impegno prioritario, scelta di fondo della Federbraccianti e di tutte le sue strutture. E' il banco di prova delle Federbraccianti meridionali. Per questa scelta la Federbraccianti mette a disposizione il suo patrimonio di esperienza, di elaborazione, di politica, di cultura, di uomini e di strutture.

La questione delle donne. - Sono iscritte negli elenchi anagrafici 797574 donne contro 893074 uomini. Con più di 151 giorni gli uomini sono 455511, le donne 66971. Da ciò si deduce che 730603 donne lavorano meno di 151 giorni, sono cioè la gran massa di stagionali.

Le donne sono la parte più giovane della categoria, infatti fino a 45 anni gli uomini sono il 22%, mentre le donne il 43%

Da ciò si evince la grande potenzialità di lotta per l'occupazione e per il rinnovamento dell'agricoltura che rappresentano (una parte lavora nelle serre, nei vivai, in attività di trasformazione) anche la spinta che possono imprimere al rinnovamento del sindacato. L'unità delle categorie e la sostanziale unità del sindacato si realizza e si valorizza fino in fondo, senza remore o pregiudizi, la componente femminile della categoria.

E' un problema politico di grande rilievo che va affrontato in ogni istanza del sindacato con mente aperta, con fiducia, con continuità sia per cogliere problemi specifici, oltre quelli generali e organizzare peculiari iniziative, sia per “liberare” le energie che questa massa può offrire al rinnovamento del sindacato, l'unità sindacale e la democrazia.

Quando parliamo di giovani in agricoltura parliamo, non dimentichiamolo mai, in primo luogo delle donne.

Del resto, il referendum, il voto del 15 giugno, indicano che evolvono le coscienze e che grandi temi di libertà, di rinnovamento e moralizzazione della società avanzano e con essi la volontà di cambiare e di contare di più.

 

Rinnovamento e problema dei quadri. - Le linee della partecipazione suindicate, di per se portano a valorizzare i quadri. E' poi incontestabile che un processo di rinnovamento e rafforzamento sia in atto. E' ovvio che l'aumento di decine di migliaia di iscritti, il mutamento qualitativo e quantitativo di molte organizzazioni di base, l'apertura di sedi e la formazione di primi nuclei organizzati in centinaia di comuni, la costituzione delle Zone e dei comitati regionali, unitamente al fatto che disponiamo di diritti sindacali sempre più ampi, di una politica contrattuale, previdenziale, economica e sociale molto avanzata.

Sentiamo però sempre più l'esigenza che per dirigere le masse, per far vivere nelle lotte, nel confronto e nei risultati la politica delle confederazioni, occorrono, in gran numero, quadri capaci.

Oggi diverse Camere del Lavoro e grandi organizzazioni sindacali sono dirette da quadri di provenienza bracciantile perchè allora la fioritura di quadri, così ampia fino agli anni sessanta, si è notevolmente dimensionata? Certo ci sono problemi dati dall'età, dal grado di cultura, ma soprattutto, ecco la causa vera, manca la cura e la fiducia nel crescere, nel cercare i quadri: si vive alla giornata. Certo oggi non ci serve il “capo popolo”, vecchia maniera, ma uomini che siano dirigenti intelligenti e preparati dal movimento e che del “capo popolo” abbiano la forza, l'onestà, la dedizione alla causa. Certo un grande lavoro, sapendo che è più difficile crescere e affermare un quadro di categoria femminile ma è necessario.

Abbiamo più volte affermato che la Federbraccianti è disponibile ad accogliere, anzi sollecita, l'impegno nel settore agricolo di quadri provenienti dai sindacati operai e dal mondo studentesco. Questa disponibilità non può far perdere di vista a tutta l'organizzazione la potenzialità e la possibilità di crescita e avanzamento dei quadri all'interno della categoria. Le lotte dell'estate hanno messo in luce l'impegno, l'intelligenza, la combattività di migliaia e migliaia di attivisti. Ne discende allora che occorre un'attenzione nuova per costruire gruppi dirigenti che provengano in larga parte direttamente alla categoria.

Quando parliamo di gruppi dirigenti non intendiamo solo i delegati di azienda, i membri delle commissioni contrattuali del collocamento, i membri del CD, ma anche i capilega, i dirigenti di Zona e provinciali.

 

Sindacalizzazione. - Su 1690000 braccianti iscritti negli elenchi anagrafici i sindacati confederali ne organizzzano meno di 1100000.

560000 circa li organizza la Federbraccianti, 320000 la Fisba, 100000 la Uisba. La crescita di iscrizione ai sindacati è stata grande, 200000 in più dal 1970 ad oggi alal Federbraccianti. Ma questa crescita non è omogenea (vedi dati allegati)*, esistono cioè province, comuni e aziende dove ancora il sindacato e la Federbraccianti sono deboli.

 

*(La tabella dei dati analitici non era allegata al testo)

 

Va poi sottolineato che 600000 lavoratori non sono iscritti al sindacato. Sono lavoratori preda dei faccendieri, dei patronati non confederali. Oltre un terzo della categoria è sottratta alle lotte e alla battaglia democratica, alla campagna di sindacalizzazione e quindi è un fatto politico di eccezionale valore che ci obbliga a cercare questi lavoratori, ad aprire nuove sedi sindacali, a sviluppare un'attività massiccia di propaganda. Noi siamo per un processo di sindacalizzazione unitaria e fortemente politicizzata, per porre fine alla concorrenza, per una sindacalizzazione unitaria. Il NO della Fisba, a livello nazionale, ed ogni proposta che va in questa direzione, sono stati secchi, ma ciò non toglie che molto si possa fare in periferia e che questo comportamento, nei fatti, ripropone la rissa, non si ritorca contro chi rifiuta norme e linee di comportamento ormai affermate nel movimento sindacale. L'obiettivo di tesseramento per il 1976, proposto ed approvato nel CD nazionale, è di 600000 iscritti da realizzarsi con la delega Inps, con delega aziendale, dando comunque ad ogni lavoratore la tessera.

Una particolare attenzione nel tesseramento va rivolta agli impiegati e tecnici di aziende private o del settore pubblico, ai forestali, alle lavoratrici e lavoratori ortofrutticoli.

Mentre va precisato che la Federbraccianti non intende organizzare i contadini ma rifiuta di considerare contadino ogni lavoratore che ha un pezzetto di terra. Verso tutti coloro che sono iscritti negli elenchi anagrafici, anche se non hanno in tutto o in parte un rapporto da dipendenti, si conferma il nostro impegno organizzativo e politico.

Per quanto riguarda il bilancio crediamo che ogni istanza debba avere un proprio bilancio e l'approvazione dello stesso in tutte le assemblee della Lega. Il bilancio deve essere reso pubblico affinchè tutti i lavoratori e i cittadini ne siano a conoscenza. Moralizzazione e democrazia passano anche attraverso il bilancio. Agire in questo modo è la strada che susciterà una positiva presa di coscienza e reazione da parte dei lavoratori.

 

Data documento: 
Mercoledì, 1 Gennaio 1975
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