1973 - Il canale emiliano/romagnolo

(articolo per Lotte Agrarie)

Il Canale Emiliano/Romagnolo

Nel mese di luglio si sono svolte, in provincia di Bologna e Ravenna, numerose manifestazioni che ponevano con forza il problema dell'acqua ed in particolare chiedevano la rapida attuazione del Canale Emiliano/Romagnolo.

Molta acqua è passata sotto i ponti del tempo e poca entro l'alveo del canale da quando 18 anni fa, venne iniziata l'opera che interessava un comprensorio di 450.000 ettari delle province di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna.

I braccianti gridarono “vittoria” in quanto consideravano l'acqua, che in genere è una nemica delle popolazioni della “Bassa”, una risorsa indispensabile per trasformare l'agricoltura e l'economia.

Nell'estate del 1973 i lavoratori sono tornati sul tracciato del canale perchè l'opera non è finita e, secondo il Consorzio incaricato di attuarla, occorrono 10 anni almeno prima della sua ultimazione a condizione che lo Stato intervenga in quanto tutti i fondi sono esauriti ed i cantieri in via di chiusura.

Chi ha voluto il canale. - Il problema fu posto con forza dai braccianti subito dopo la guerra, doveva servire ad irrigare le campagne, rifornire di acqua le industrie e le città.

Il canale doveva e deve divenire l'opera principale di una completa sistemazione idraulica di questo comprensorio per liberarlo dal pericolo dello straripamento dei fiumi, dagli allagamenti e per utilizzare tutte le risorse idriche esistenti.

In Emilia il governo regionale, nelle sue scelte per lo sviluppo, largamente condivise dai sindacati, punta a mantenere un giusto equilibrio fra il settore dell'agricoltura, quello dell'industria e dei servizi. Per l'agricoltura la Regione spinge per una piena utilizzazione di tutte le sue risorse e potenzialità (montagna compreso) superando le “remore” delle cosiddette vocazioni colturali. Per far ciò ha bisogno di un possente volano che è rappresentato dall'acqua che il Canale Emiliano/Romagnolo può raccogliere e distribuire.

Gli agrari nemici del canale. - Agli agrari l'acqua ha fatto e fa paura, non solo perchè il suo uso costa ma perchè vedono in essa una minaccia per i rapporti di mezzadria e compartecipazione e per le colture cerealicole su cui puntano. Sentono, presenza dell'irrigazione, che non saranno più liberi di fare ciò che vogliono, capiscono che l'acqua dà forza ai braccianti, ai contadini per lo sviluppo di colture ad alto reddito ed occupazione.

Le lotte per il canale. - La battaglia degli imponibili di mano d'opera fu in Emilia strettamente collegata a quella per la riforma agraria. Già allora la riforma per i braccianti e per i contadini significava sviluppo. Le lotte univano la richiesta di lavoro (erano tanti i disoccupati) con quella delle trasformazioni, della sistemazione dei fiumi, della bonifica, dell'acqua per uso irriguo, della terra in proprietà e fu durante una grande manifestazione per il Canale Emiliano/Romagnolo, una delle tante, che morì a Massa Lombarda, stroncato da un infarto, l'indimenticabile dirigente contadino Ruggero Grieco. Voglio ancora ricordare che il canale in Emilia fu una delle proposte principali del piano di lavoro della Cgil.

Problemi urgenti. - A gestire la costruzione del canale è preposto un Consorzio di secondo grado formati dai Consorzi di bonifica istituiti dal fascismo nel 1933, dove ancor oggi vige il voto plurimo, nel cui consiglio si sono seduti fior fiore di agrari.

Sorge perciò l'esigenza che l'opera sia controllata e realizzata dalla Regione e che negli organismi trovino spazio i sindacati, le organizzazioni contadine, gli Enti Locali. Del resto l'esperienza di questi anni, anche per gli errori commessi, suona condanna per chi ha gestito l'esecuzione dell'opera.

Si tratta poi di ottenere dallo Stato, gli otre 30 miliardi necessari a completare l'opera (30 miliardi sono già stati spesi) in tempi brevi. Dove sta scritto che per finire l'opera devono occorrere , se tutto va bene, almeno altri 10 anni? Ottenere finanziamenti significa battere le “riserve” che dopo 18 anni e 30 miliardi spesi si manifestano da parte del Ministero dell'agricoltura.

Si tratta poi di procedere alla realizzazione delle opere secondarie per iniziare ad utilizzare l'acqua almeno nelle zone dove il canale è già costruito e di predisporre le campagne e le città a ricevere l'acqua mano a mano che l'opera verrà ultimata. Ciò impone probabilmente una revisione dei piani zonali di sviluppo e l'istituzione di obblighi per le aziende (devono utilizzare l'acqua) o quantomeno si devono subordinare all'uso dell'acqua i contributi, i mutui, i crediti.

La lotta per il Canale Emiliano/Romagnolo assume quindi un grande valore per lo sviluppo economico civile e sociale delle popolazioni, per la trasformazione e la industrializzazione dell'agricoltura, per l'aumento dell'occupazione e dei redditi contadini e della produzione.

Non sarà una lotta facile, ma merita farla ed i braccianti sono decisi a portarla fino in fondo.

 

Data documento: 
Sabato, 8 Settembre 1973