1969 Comizio

 

I MAGGIO - AVOLA

Lavoratori, compagni,

12 milioni di lavoratori hanno scioperato per protestare contro il nuovo crimine commesso dalla polizia, al servizio dei padroni, a Battipaglia.

2 morti, centinaia di feriti, una città in lutto, sconvolta, è il tragico bilancio causato dall'intervento della polizia durante lo sciopero generale.

Alle famiglie che piangono sulle bare dei loro cari, ai feriti, vanno i sensi del nostro più vivo cordoglio e della nostra solidarietà.

Ma non ci possiamo accontentare del cordoglio e della solidarietà. NO!

Oggi si pongono, con forza, davanti alle forze politiche e al paese due problemi:

  1. disarmare la polizia in servizio d'ordine pubblico

  2. rimuovere le cause che costringono i lavoratori a scioperi lunghi e aspri

  3. I sindacati Cgil, Cisl e Uil dicano BASTA AGLI ECCIDI!

Battipaglia è uno dei tanti paesi d'Italia dove disoccupazione e emigrazione sono il pane di tutti i giorni. Non è nel profondo Sud, ma in provincia di Salerno.

Battipaglia scioperava per impedire la chiusura delle sue poche fabbriche, per non morire, per continuare ad essere città.

Ma in Italia questo è incompatibile con la legge del "profitto". Il profitto è un "dio" sul cui altare tutto può essere sacrificato: anche la vita di un uomo!

Quello di Battipaglia è un altro delitto del "capitale" che trova sempre pronto lo Stato a mettere a disposizione le forze della repressione.

Le lotte operaie, bracciantili, contadine, studentesche tendono ad ottenere lavoro (l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro), giustizia, un avvenire.

Le risorse ci sono, le banche sono piene di denaro, i capitali viaggiano indisturbati, il reddito nazionale cresce. Ma la disoccupazione aumenta (nel solo 1968 ben 300.000 contadini lasciano i campi). Aumentano i profitti. Società e imprese fanno a gara per annunciare l'aumento del fatturato e dei dividendi (vedi Fiat).

Il governo non mantiene nessuna promessa e i lavoratori, se vogliono difendersi e ottenere qualche miglioramento, sono costretti a lotte aspre e lunghe.

Occorrono riforme è il grido e la richiesta del Paese: quella agraria, quella della scuola e affrontare il tema dell'occupazione che si avrà se a decidere degli investimenti saranno i lavoratori, se i soldi dello Stato cesseranno di servire ai padroni per creare disoccupati…

Occorre una politica diversa che metta al centro il lavoro. Solo il lavoro crea, al lavoro le leve dell'economia, il lavoro è l'asse, il motore del progresso. Senza padroni si va avanti, ma senza di noi tutto muore…

 

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Giovedì, 1 Maggio 1969
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